(Nuclear Blast Records) A dodici anni dal precedente album, con l’arrivo dell’ottavo capitolo di questo caposaldo inglese del death metal storico, vale la pena riepilogare e parlare della line up. Partiamo dal vocalist. I Benediction ne hanno avuto tre. Barney, agli inizi, sul mitico “Subconscious Terror”… ma poi bisogna deve aprire un altro libro di storia, quello dei Napalm Death. Poi è arrivato Dave Ingram… che ha firmato le urla su capolavori quali “The Grand Leveller”, il favoloso ed iconico “Transcend the Rubicon”… fino a “Grind Bastard”. Poi è stata la volta del ventennio di Dave Hunt… anche l’animale al microfono degli Anaal Nathrakh, il quale però si è chiamato fuori l’anno scorso per impegni personali. Tempo del quarto vocalist nella storia della band? Giammai! I Benediction restano tradizionalisti e hanno scelto andando sul sicuro, chiamando nuovamente Dave Ingram! Si torna all’ugola “Transcend the Rubicon”, in una band che mantiene i punti fissi rappresentati dalle chitarre di Darren Brookes e Peter Rew, supportati dalla divisione ritmica di due giovani: Dan Bate al basso e l’italiano Giovanni Durst alla batteria! Due elementi storici, un ritorno epico e due giovani fonti di energia! Perfetto! E tutto questo per cosa? Per fare -come sempre e come ci aspettiamo tutti- del poderoso, pesante, fottuto e maledetto DEATH METAL! Ma i Benediction non solo rimangono fedeli al genere death metal, non solo sono annoverati tra le icone del genere… i Benediction rimangono dannatamente veri, puri, sinceri. Non importa se sono accasati con una delle etichette più importanti al mondo: loro rimangono degli animali che vogliono portare il death ovunque! Che si tratti di un festival internazionale o di un buco di locale disperso tra le nebbie davanti a venti avventori, loro continuano a suonare. Non se la tirano, non fanno selezione… semplicemente sparano sul mucchio, qualsiasi mucchio, mietendo una quantità incalcolabile di vittime! E con “Scriptures” è tutto confermato: death metal possente, death metal concepito come un esercito di carri armati che ti passa sopra, una mostruosa e mortale macchina di metallo che avanza inesorabile senza prendere prigionieri. Subito rocambolesca “Iterations Of I”. Scatenata ”Scriptures In Scarlet”, brano dal sentore deliziosamente apocalittico con un break down tagliente, ovvero cose che bands come Benediction o Sodom sanno fare molto bene. Granitica e demoniaca ”The Crooked Man”, mentre una ”Stormcrow” è capace di ingenti spargimenti di sangue, una ecatombe di vertebre fracassate! Una banchetto di corpi massacrati dispersi su un terreno carbonizzato è l’immagine sonora elargita da un brano come ”Progenitors of a New Paradigm”, un pezzo con quei tradizionali riff oscuri e decadenti, sferzati da ritmiche pulsanti e momenti di ribellione melodica. Breve ”Rabid Carnality”, ma capace di un break down cinico ed assoli esaltanti. Il nervosismo di “In Our Hands, The Scars” diventa crudeltà con l’ennesimo break down senza rispetto, altro brano che inneggia all’headbanging con senso omicida. Basso meravigliosamente invadente sulla perfida ”Tear Off These Wings”, canzone dominata in gran parte da un mid tempo provocante. ”Embrace The Kill” regala un assolo stupendo, ”Neverwhen” e “The Blight At The End” sono selvagge, graffianti, ma anche tecniche e ricche di dettagli, mentre la conclusiva ”We Are Legion“ vibra con quel senso di inquietudine, quei riff pungenti in un crescendo di energia fuori controllo. Death metal senza tempo. Qui non c’è modernità, non c’è ricerca della figatina, non ci sono cazzate per bimbi-minchia annoiati. Qui c’è puzza. C’è sudore. C’è carne al macello e poi in putrefazione. Quei riff mefitici, quelle accordature diaboliche, quei leak apocalittici, quella voce poderosa… ci sono tutti gli ingredienti per cucinare l’ultimo pasto del condannato. Un pasto che è l’esecuzione stessa!

(Luca Zakk) Voto: 8/10

Per alcuni è stata la sola vera realtà inglese in fatto di death metal. E i Bolt Thrower? Già, loro. Anni fa i Benediction erano spesso al centro dei discorsi degli appassionati del genere quando si menzionava l’Inghilterra. Un luogo nel quale negli anni ’90 brulicava di My Dying Bride, Napalm Death, Cathedral, Godflesh e tutta una serie di band che per l’appunto non gravitavano nell’orbita del death metal. Nonostante questo c’erano comunque in giro sul suolo di Sua Maestà quei mostruosi individui che rispondevano al nome di Bolt Thrower e con i quali tra l’altro i Benediction sono stati lungamente e ripetutamente in tour insieme. Dal 1989 ad oggi la band di Birnmingham ha avuto una storia molto parca. Otto album e un manipolo di musicisti che sono trafficati nella band, come Mark Greenway, cioè il Barney dei Napalm Death che con i Benediction si è consacrato, battezzato. Nicholas Barker, il migliore batterista d’Inghilterra, ex Cradle Of Filth e tanti altri, oltre ovviamente a Dave Hunt di Anaal Nathrakh che al microfono ha cantato per ben venti anni avvicendandosi a Dave Ingram. La band forse non ha mai sbancato come altre realtà del genere, eppure il suo stile spartano ma potente, ritmico ma oscuro, è da sempre una sana espressione del death metal ben consolidata. Questa è una band sana nei suoi principi musicali, radicati, forti, semplici perché in fin dei conti ha sempre scritto dei pezzi che si innescano nella mente dell’ascoltatore con facilità. I ritmi andanti e i riff tenebrosi e con qualche squarcio thrash metal, ancora oggi dimostrato in giro nei pezzi di “Scriptures”, lasciano poi intravedere una sorta di radice hardcore. Il loro essere anglosassone si sente, proprio con quelle derivazioni hardcore ruvide, irruente. Il death metal dei Benediction suona con personalità e uno stile che permette di riconoscerli subito. Il lavoro alle pelli di Giovanni Durst, nuovo arrivato, è perfetto per gli altri: suona con dinamismo, precisione e sa colpire in maniera perentoria quanto di fino, a seconda di come richiedano le maglie dei pezzi. Hunt è partito ma al microfono ritorna semplicemente Dave Ingram. La voce dei Benedicition del dopo Barney, ex Bolt Thrower anche se per poco tempo, nonché ex Hail Of Bullets e comunque impegnato anche altrove, è rassicurante: growl arso e al contempo chiaro, possente. Ingram si integra in questi scenari e con il suo vocione è un ottimo contrasto a questi suoni netti, brillanti e al suonare impeccabile di una band che non vede il tramonto artistico.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10