(De Tenebrarum Principio / ATMF) Il black che striscia subdolo dal gelo del freddo Canada porta sempre con se un’aura maligna intensa, travolgente, soffocante. Questo vale anche per i Blosse, i quali hanno pubblicato questo “Nocturne” l’anno scorso, successore del debutto “Era Noire” (uscito qualche mese dopo dello stesso anno), qui compreso in una unione dissacrante per dare forma ad una blasfema ed invereconda creatura sonora. Blosse è un altro progetto di Noctis, artista già attivo con altre sue one man band quali Nachteule e Alkymist, oltre che -tra le altre- band come Calvaire e Maeskyyrn. Black putrefatto, intelligentemente lo-fi, ma dall’impostazione cosmica che integra dark ambient e sonorità appartenenti più agli astri che agli inferi. Ipnotico, psichedelico, suggestivo e trascendentale, il black di Blosse non lascia spazio a calore, luce o aria, coniugando rumori cosmici a suoni provenienti da qualche forma d’esistenza bestiale dispersa in paludi inesplorate, siano esse ubicate sul nostro pianeta o su un qualsiasi altro globo più o meno abitabile collocato nel profondo delle galassie. Quattro brani imponenti, maestosi, con durate sempre oltre il quarto d’ora, nei quali riffings feroci si alternano a momenti dalla perversa spiritualità extra terrestre, una spiritualità che flette e controce concetti di spazio, di tempo, di vita, di esistenza stessa. Alcuni legami possono essere trovati nella musica di realtà quali Lunar Aurora o The Ruins of Beverast, anche se la deviazione ultra-galattica dei Blosse è un qualcosa che allontana violentemente questa efferatezza terrena dalla terra stessa. Il gelo omicida del vuoto cosmico è onnipresente su “Sous La Lune Moribonde”, più crudele su “La Vallée Maudite”, anche se la parentesi ambient basata su sonorità siderali riporta la mente lontano anni luce dalla mortalità del nostro pianeta. Una mortalità negata dall’epico che emerge furente e crudele su “Éternité” (appartenente a “Era Noire”), brano che oltre al black di matrice franco-canadese si disperde meravigliosamente in teorie dissonanti di provenienza proto-industrial black. La conclusiva “Destruction” (sempre di “Era Noire”) è black, è ambient (emergono spiragli riconducibili agli svedesi Lustre), è doom, è il male, è l’odio, è l’assoluta e totale negazione di qualsivoglia barlume di vita. La terra: un minuscolo dettaglio in un mare senza fine; pure la galassia che la contiene è un infinitesimo dell’infinito ignoto mistero dell’universo. Pertanto questo sound cosmico è forse più terreno di tanti altri suoni che guardano verso le stelle, più carnale, più imbevuto di sangue, più arroventato dalle fiamme delle viscere infernali. Oltre settanta minuti di materializzazione del male, di crudeltà, di malattia mentale, di anime corrotte, perverse e condannate. Settanta minuti senza speranza, lontani dalla vita, eroticamente legati ad un’eternità nel nome della dannazione.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10