(autoproduzione) Formazione proveniente dalla Pennsylvania, i Burial In The Sky con “Creatio et Hominus” raggiungono il traguardo del secondo album in studio dopo il debutto “Persistence of Thought” pubblicato nel 2016. I nostri propongono un progressive/technical death metal decisamente sfaccettato e ricco di spunti colti da un vasto spettro di generi. Emblematica in questo senso l’introduzione di uno strumento, il sax, che solo raramente è utilizzato per impreziosire le produzioni del genere suonato dagli americani. Non a caso il musicista coinvolto è Zach Strouse, già visto in azione nell’ultimo album dei compatrioti Rivers Of Nihil. Nei sette brani che compongono la nuova prova targata Burial In The Sky vengono alternate con invidiabile perizia tecnica sezioni decisamente tirate, in pieno stile tech/death metal, ad altre più ariose nelle quali i veri protagonisti diventano chitarre acustiche, melodie di piano e, come anticipato, il sax (oltre a mandolino e kalimba, a testimonianza del ricco ventaglio di soluzioni adottate). Lo scrosciare d’acqua sul quale il sassofono fa il suo ingresso in “Nexus” funge da introduzione al viaggio nel quale verrà sviscerata l’affascinante storia della creazione del cosmo, missione affidata ai testi di questo “Creatio et Hominus”. Nella successiva “Tesla” si comincia ad alzare il tiro sovrapponendo ad una canzone dalla tipica struttura prog, linee di chitarra articolate e dal gusto psichedelico sempre sostenute da una batteria abile nel creare uno sfondo ritmico eterogeneo e decisamente d’impatto. Ad impreziosire il brano ci pensa uno stacco finale di piano dal vago sapore jazz. “Nautilus’ Gate” e la successiva “The Pivotal Flame” sono due brani più classicamente ascrivibili al tech death metal di matrice americana nei quali traspaiono chiaramente le abilità dei musicisti coinvolti e la cura posta in sede di songwriting. Nella seconda ricompare inoltre il sax suonato da Zach Strouse che contribuisce ad infondere alla sezione centrale del brano un tocco spaziale e sognante. Più introspettiva e melodica “Psalms Of The Deviant” a bilanciare la successiva “5 Years”, decisamente diretta e violenta. Le diverse nature espresse dalla formazione americana nei precedenti pezzi, unite ad una buona dose di sperimentazione, vengono infine riassunte nella title track posta in chiusura, a mio parere il brano più riuscito del lotto. La mancanza della voce, in verità a tratti noiosa e monocorde e che forse rappresenta il vero punto debole di questo “Creatio et Hominus”, non inficia la buona riuscita del pezzo. Per essere un lavoro autoprodotto, certamente lodevole è il risultato raggiunto in fase di produzione e mixing che ha assicurato un suono potente, corposo e ben definito rendendo giustizia all’impegno profuso dai Burial In The Sky nella loro seconda prova.

(Davide Galli) Voto: 7,5/10