(Non Serviam Records) Black, death metal, certo, ma gli svedesi Burning Darkness non si limitano certamente a riscrivere la solita storia, a suonare nuovamente decenni di black & death o death melodico fedele ai canoni tradizionali. La cosa strana per questa band è la pubblicazione del (solo) secondo album in oltre vent’anni di esistenza, una carriera tempestata da demo i quali si sono poi finalmente consolidati nel debutto solo nel 2017, con quel “The Angel of Light” autoprodotto, meno curato e più estremo di questo nuovo disco. Per questo secondo album, forse il vero debutto, fortunatamente il quintetto di Stoccolma riesce a mettersi sotto l’ala protettrice dell’olandese Non Serviam, regalando al pubblico quasi un’ora di black & death metal ricco, carnale, forgiato con riff e musicalità intensa, canzoni ricche di batteria e basso, ferali, tanto essenziali quanto deliziosamente curate e ricercate. Un sublime mix di tempi veloci, di break down cinici, di parti heavy ricche di metal classico nel quale il tremolo diventa una forma d’arte e non solo un’espressività di tendenze estreme. Tetra e drammatica, ma ricca di seducente tecnica, “Muspelhems Vrede”. Più diretta, più black, anche se ben farcita di chitarra solista “Sulphurous Wrath”, un brano con risvolti molto teatrali capaci di esaltare e stimolare. Furibonda nel suo contesto black sinfonico mixato con metal classico “Chiropteran Demon”, pungente “She Who Dwells Beyond The Branches”, travolgente ed imprevedibile “Neonaticide”. Maledettamente catchy e coinvolgente “Draugr”, contorta e cinematografica “In The Shadow Of Webbed Wings”, prima della quasi title track, la sulfurea e destabilizzante “Dödens Makt Är Stor”, altro brano con divagazioni di chitarra solista superlative, oltre che linee di basso eccitanti. Con testi anti cristiani legati al folk nordico, i Burning Darkness offrono un album godibile, mai prevedibile, estremo al punto giusto ma anche catchy, tuonante, deliziosamente provocante!

(Luca Zakk) Voto: 8/10