(Shout!/Edizioni Cramps/Freecom)Elettronici. Apocalittici. Incalzanti. Gli italiani Bytecore finalmente debuttano dopo una manciata di singoli ed un bel po’ di concerti i quali hanno dato risalto al progetto. Una band che parte alla grande in quanto non cura solo la musica ma anche l’intera oscura e decadente immagine, quattro reietti fuoriusciti da un universo ispirato ad un distopico Max Max, concetto che poi ti trasferisce sul temi trattati, tutti collegati alle varie forme di autodistruzione tipiche del genere umano. Musicalmente fondono in maniera egregia il metal, la techno, beat digitali e groove industriali, collocandosi da qualche parte tra Rammstein, Marilyn Manson, alcune epoche dei Death SS, Mortiis e Godflesh. Coinvolgente, pulsante ma anche drammatica la opener “Human Hamster”, mentre l’elettronica esplode su “Game Boy”. Destabilizzante ma irresistibile il duo “Demigod” e “Evil’s Ballad”, quest’ultima con un tocco gotico annegato nella persistenza elettrostatica. La componente techno è dominante sull’oscura “Fire to Die”, forse il brano con più legami con i citati Rammstein. Furia robotica e digitale, con spunti rap, su “Broken”, suggestiva “Revelation”, psichedelica, oscura ma anche musicalmente molto poetica “Humped Back”. Frizzante e piena di decadenza post catastrofica “Snowden”, aperture più rock, più nu-metal ed in un certo senso meno digitali con “Enemy”, prima della bellissima e conclusiva “Sand Storm”, pezzo con una stupenda voce femminile capace di dar vita ad una impostazione ricca di magia quasi spirituale. Album avvincente, pieno di energia, esplosivo, travolgente. Certo, se cercate metallo grezzo vecchia scuola, qui non ne troverete. Se cercate vibrazioni ed un sound moderno, non ovvio ed assolutamente non scontato, allora i Bytecore hanno qualcosa, anzi moltissimo, da dire!

(Luca Zakk) Voto: 8/10