(Autoproduzione) Il pirate metal è ormai, inutile negarlo, un genere a sé: lo hanno iniziato gli Alestorm (che poi, con mio grande disappunto, sono passati al loro funny metal o comunque vogliate chiamarlo), poi il testimone è stato raccolto da formazioni come gli Swashbuckle (che lo hanno portato verso il thrash), i Rumahoy (folk/power sempre con quel tocco di ridicolo), Calico Jack (italiani, a mescolare folk e death) e ora gli svizzeri Calarook, che esordiscono con un mastodonte (oltre 70 minuti!) di… pirate extreme metal?! Gli elvetici infatti si danno a ritmiche estreme, hanno un cantante, Philipp Wyssen, dotato di un growling profondo, e giocano tutto sul contrasto fra un violino quasi sempre festaiolo e un impianto sonoro praticamente alla Amon Amarth. “A cursed Ship’s Tale” inizia subito a mille, fra black e giocose melodie marinare; “Quest for Booze” aumenta il dissidio con cori ed armonie vocali ‘aperte’, mentre gli elementi acustici di “Into the Storm” suonano molto cupi. L’ironia non manca di certo in “Invisible Pineapples”, che può ricordare vagamente “Keelhaued” degli Alestorm, almeno per il violino; e anche “Paul the Parrot” è un up-tempo quasi ballabile, se non vi disturba il vocione abissale di Philipp! “Kicking Flamingos” ha quell’andamento stoppato tipico del death scandinavo, e anche “Loyal to None but Rum”, a dispetto del tema e dell’ironia, raggiunge profondità oscure da metal ‘serio’. “The Legend of the Liquor Island” è forse l’unico brano dove le chitarre sono protagoniste; quasi in chiusura, si accelerano i ritmi e si festeggia con “The Feast of Emerald Meadows”. Un disco certamente troppo lungo, per cui alcune situazioni sonore inevitabilmente si ripetono, ma certamente originale.

(René Urkus) Voto: 7,5/10