(Massacre Records) Nonostante siano attivi da quasi vent’anni, giungono solo ora al secondo album i tedeschi Call Of Charon. Nata nel 2006, la formazione proveniente da Duisburg ha da sempre avuto un’esistenza turbolenta, tra cambi di line up, scioglimenti temporanei, reunion e nuovi cambi di formazione; tutto questo ha fatto si che, al di la di un EP ad inizio carriera ed una sfilza di comparse tra split e singoli, il full length di debutto, intitolato “Plaguebearer” venisse pubblicato nell’anno funesto 2019, al termine del quale il mondo, come ben sappiamo, si è fermato per via della pandemia. La band si ripresenterà al pubblico nel 2022, con l’interessante EP “The Sound Of Sorrow”, ideale trampolino di lancio per questo “Tales Of Tragedy”, un album che mette in mostra una notevole crescita a livello compositivo della band tedesca. Se infatti il debutto sembrava un esercizio di stile ricco di influenze non ancora ben assemblate, questa seconda fatica presenta una manciata di brani ottimamente bilanciati, dove melodie tipiche del metalcore ed i breakdown deathcore si fondono con robuste iniezioni di black e death metal. “Ocean Grave” è un perfetto esempio di come la band abbia alzato i BPM rispetto al passato, con sfuriate degne dei Dimmu Borgir di “Puritanical Euphoric Misanthropia”, tra chitarre impazzite e un drumming devastante e preciso come non mai. Ma è in genere tutto l’album ad essere decisamente aggressivo, riducendo le parti metalcore al minimo, o almeno evitando le parti più melense come i classici coretti, mentre sono enfatizzate le parti dove il metalcore diventa parente stretto del melodeath, come nella coinvolgente “The Demon King”. Gli amanti del deathcore impazziranno per “Words Of Separation”, caratterizzata da un lungo breakdown, tanto tamarro quanto efficace, mentre “One More Day” riesce ad emozionare con malinconiche linee di chitarra che, a dispetto delle ritmiche serrate, donano un mood più riflessivo, grazie anche all’intensa prova vocale dell’ottimo Patrick Kluge. L’album dura poco più di mezz’ora, un tempo in linea con altre release di questo genere, eppure, anche se fosse durato venti minuti in più sarebbe riuscito a non annoiare, grazie a brani di rara intensità, potenza e dinamicità, che sembrano nati per scatenare il putiferio dal vivo.
(Matteo Piotto) Voto: 8/10