copCASTLE(Ván Records) Quatto album in sette anni di attività, ma quarto disco in cinque anni, per gli heavy doomster americani con voce femminile, una voce potente, grintosa, cattiva… molto adatta alle tematiche occulte dei testi. L’album è potente, sporco, tagliente. Siamo davanti ad un assurdo incrocio, con tratti inquietanti: immaginatevi riff e meldoie tra Black Sabbath e Iron Maiden… con una specie di versione femminile di Lemmy al microfono! Certo, la voce di Liz Blackwell non ha nulla a che vedere con il famoso timbro rauco del Mito, ma c’è un qualcosa nell’impostazione, nella dissolutezza, nel suono sporco che porta alla mente questa visione di una femmina rocker devastata e priva di rispetto. I brani sono un doom potente ed heavy, certamente -visto il genere- non innovativi o rivoluzionari, ma l’energia trasmessa è di quelle pure, senza filtri o elaborazioni elettroniche. Pulsante “Black Widow”. Heavy ma molto oscura “Hammer And The Cross” seguita da una spartana ma suggestiva title track, dove la componente melodica (maideniana) si fa sentire. Travolgente “Veil Of Death”, dove Liz spinge sulla voce rivelando capacità inaspettate. Buona dose di metallo su “Flash Of The Pentagram”, mentre la seguente “Traitors Rune” torna su territori misteriosi e decisamente doom. Maiden questa volta in chiave mistica su “Down In The Cauldron Bog” mentre la conclusiva “Natural Parallel” rimane tetra, sicuramente pesante, ma mostra una impostazione diversa, più cristallina, più armoniosa, sia a livello di voce che di chitarre. Bello sentire riff così diretti, a tratti scontati, destabilizzati da linee vocali lontane dagli standard del genere. I Castle confermano la loro direzione, fedeli al proprio credo, sempre vaganti tra scenari metallici e atmosfere occulte.

(Luca Zakk) Voto: 7/10