(Gates of Hell Records) Ho avuto già un paio di volte a che fare con i Chevalier, per i due EP “A Call to Arms” e “Chapitre II”, e ora che li trovo al primo, vero full-length mi trovo in difficoltà. Sono certamente un cultore dell’underground e amo band la cui musica altri riterrebbero una sequela di cacofonie: ma mi chiedo, c’è un limite, nel classic heavy metal, che non deve (o dovrebbe…) essere superato? I Chevalier hanno una cantante, Emma Grönqvist, che oggettivamente si tiene sotto un certo standard, per quanto il suo stile possa avere degli estimatori (non sono fra questi); le chitarre sono zanzarose, il mix è sballato, le strutture delle canzoni vanno spesso per i fatti loro… “Destiny calls” può avere un fascino senza tempo, ma onestamente per me i difetti superano di gran lunga i pregi. “The Immurement”, la opener, è quindi lo speed più caotico, fracassone e istintivo che possiate immaginare, con la voce sgraziata di Emma a pungolare (in positivo o in negativo lo direte voi) l’ascoltatore. Qualche accenno space nella ri-registrazione di “The Curse of the dead Star”, già presente in “Chapitre II”, ma siamo sempre nell’ambito di un heavy primordiale e disordinato con forti connotati speed, soprattutto nelle sezioni strumentali. In “Road of Light” abbondano le dissonanze quasi cacofoniche, mentre “Stormbringer” è più concepita secondo la classica struttura/brano, e si rivela una tirata furibonda e sostenuta. “In the Grip of the Night” sembra però a chi scrive abbastanza monocorde; “A Warrior’s Lament” conclude meglio il disco grazie a qualche spunto epicheggiante. Se siete per l’underground più estremo, “Destiny calls” è il disco per voi; per me siamo quasi al di là dell’idea di heavy metal.

(René Urkus) Voto: 6,5/10