(autoprodotto) La Norvegia non offre solo black nell’ambito della musica estrema, ma anche del sano thrash… il quale però è particolare in quanto risente delle tonalità oscure del genere principale, senza comunque risparmia all’ascoltatore quelle sfuriate accattivanti e coinvolgenti, quei riff spacca ossa pensati e concepiti per l’headbanging. Senza un’etichetta che li supporta i Cleaver sono già al secondo album, dopo otto anni di attività. Si tratta di un quintetto e questa release annovera un nuovo singer, Kjetil Hektoen, musicista che milita anche negli Enthral (come vocalist e batterista) e che è stato addetto alle pelli per i Crest of Darkness. L’album è feroce: il thrash metal prende un tono più tetro grazie alle linee vocali harsh del singer, collocando il sound in una dimensione indefinita tra, per l’appunto, thrash, black e death metal. Ottima “Through Sickness Unto the Death”. Oscura e meravigliosamente melodica “No Saviour No Light”. Fine dell’esistenza delle (vostre) ossa sulla folle e lunga “The Trinity of Fire”. Sonorità classiche e molto attraenti con “Through Pain and Strife”, furiosa, aggressiva e tagliente “Infected Territory”. Una band che merita molta più visibilità: un po’ perché esce dagli schemi tipici della produzione metal norvegese, ma soprattutto per l’abilità e la fantasia dei musicisti, tutti bravi, espressivi… con un chitarrista solista -Øyvind- decisamente in gamba e che si ricava lo spazio per assoli fulminei normalmente non concessi nel contesto black metal. “Odes to the Reaper” è un ottimo disco il quale riesce ad unire strade altrimenti divergenti: la pazzia del thrash, la cattiveria del death e la mancanza di luce tipica del black.

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10