(Dark Essence Records) Dopo sei anni da “Mut”, quattro dai due EP e un altro anno dalla compilation, i britannici Code si decidono di pubblicare un nuovo lavoro, il quinto in carriera, il primo dopo la firma con la nordica Dark Essence Records. L’ascolto dei Code scatena intense e controverse emozioni, tanto che il primo problema è saperli, poterli, volerli definire. Che genere? Black? Prog black? Avantgarde black? Post black? Alternative rock? Tutte belle domande per dei grossi problemi da affrontare, problemi che risiedono solo nella percezione dell’ascoltatore visto e considerato che la band praticamente se ne frega della direzione esplicita, auto definendosi artisticamente libera, tanto da essere tanto black quando groovy, tanto post quando atmosferica, arrivando a strizzare l’occhio ad acts quali i Solefald, passando per Taake, Marduk ed un black decisamente classico e basato su mid tempo tuonanti… un black più legato alle origini discografiche della band stessa. Ma basta ascoltare la conclusiva ed imponente “The Mad White Hair” per rendersi conto della maestosa capacità teatrale ed artistica dei Code, i quali sono capaci di travolgere, avvolgere, coinvolgere, usando riff violenti, growl, clean vocals superlative… arrangiamenti contorti… per poi tornare sempre ad una pungente teoria musicale capace di infliggere ferite profonde e spesso mortali. Brutale e perversa la title track, tetra ed introspettiva “Clemency & Atropy”, brano dal suggestivo sentore goth. Su “By the Charred Stile” il black è più diretto anche se deliziosamente variegato, innovativo, intensificato da linee vocali clean che ricordano, andando indietro nel tempo, bands quali i Depressive Age, passando per una versione heavy dei Leprous. Apocalittica e micidiale “Rat King”: growl possente, cori evocativi, mid tempo irresistibili. Totalmente alternativa, progressiva e poetica “From the Next Room”, cinicamente crudele l’altro mid tempo rappresentato da “Dread Stridulate Lodge”, mentre “Scold’s Bride” è un assurdo quanto geniale punto di congiunzione tra black e speed. I Code mostrano un’innata capacità di sorprendere: quando ti hanno ipnotizzato con il black, ecco che divagano lontano, destando frizzante stupore, incuriosendo, provocando in modo totalmente libertino; e poi, quando il percorso musicale si è palesemente allontanato dal black, andando a vagare tra prog, dark e una manciata di altri sottogeneri tanto tetri quanto misteriosi, ecco che arriva il growl, la botta, il riff spezza ossa, l’assalto frontale. Questo nuovo “Flyblown Prince” è una costante svolta, una sorpresa senza fine, un album che attira l’attenzione sia per i contenuti che per la totale imprevedibilità degli stessi. Disco poderoso, attraente, fascinoso, incantevole, maledettamente malioso!

(Luca Zakk) Voto: 9/10