(Buil2Kill Records) Quinto album e un’attività che inizia nel 1999, dati che eleggono i Coram Lethe a una consolidata realtà nella scena death metal italiana. La musica dei toscani è da sempre fresca, fatta di spunti, giocando su equilibri thrash e death metal, il tutto sempre diversificato nel corso dei vari lavori in studio, forse anche a causa di alcuni cambi di formazione nel tempo. Eccolo dunque “In Absence”, un album che mostra riff schematici, potenti, ritmi solidi e strutturati. Il cantato è aspro, al confine tra growl e harsh. Riff puliti, con toni anche classici, riconducibili ai Voivod, nella title track, oppure a Death e Pestilence per le parti più ‘strong’. Non siamo di fronte a un già sentito, si ha la sensazione di trovarsi a seconda dei casi di fronte a una band di scuola polacca oppure a qualche formazione nordamericana che predilige il tocco bilanciato piuttosto che brutale. Questo è sinonimo di uno stile poliedrico e a suo modo dinamico. “In Absence” è una fiumana di strutture, un insieme ben quadrato, smussato nella maniera giusta, irruento come il thrash metal, devastante icome il death metal. I due generi, con la predominanza del secondo, si riconvertono in una direzione di tipo prog. La canzone “Food for Nothingness” è il primo baluardo dell’album. In questo cammino che è l’ascolto, la canzone apre il primo momento di “In Absence” nel quale la ricchezza di stile e la tecnica emergono. Attenzione alla successiva “Not Been Born”, con il suo incipit da death metal americano massiccio e cupo, che lascia spazio a sette minuti di bufera e di una melodia di chiusura immensa che volge al black metal. “Cognitive Separation” concede qualche soluzione alla Morbid Angel, mentre la canzone “To Rise Again” avanza oltre nel tempo, con i suoi nove minuti di forza e dinamismo. Proverbiale la pasta sonora della conclusione di “Pain Represents Pained Representatives”. “In Absence” è un album ricco, colmo delle dei Corams.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10