(Candlelight Records) Mike Dean, Reed Mullin e Woody Weatherman, ecco chi sono i Corrosion of Conformity sempre amati e dopo “Eye for an Eye” e “Animosity” (cioè 1984 e 1985) quanti hanno continuato davvero ad amarli? Ora non ripercorriamo la loro storia e non declassiamo altri loro lavori, ma l’idea di riprendere a suonare e di farlo con gli elementi dei primordi, e quindi senza Keenan, ha generato un sussulto al cuore a molti metallers. Il tutto è stato suggellato con il titolo dell’album che riprende il nome della band: una sorta di atto autocelebrativo. Il sound dei Nostri è diverso dalle ultime cose che hanno fatto: c’è un ritorno al crossover, all’ideale del punk, ma tutto è al vaglio di un sound potente e acido allo stesso tempo, grazie a spunti anche doom, sludge, heavy e southern rock. A dire il vero la bilancia non pende da nessuna parte. Appena un indice stilistico viene toccato da qualche brano, in quello successivo si ritorna su altre tendenze. Giocano a mascherarsi o a rincorrersi i COC, ma anche a contraddirsi tra le pieghe dei pezzi. Si fanno notare “El Lamento De Las Cabras”, “The Doom”, l’istrionica “The Moneychangers” e “Psychic Vampire”. Qualche passaggio sa di abusato, vedi alcune ripartenze punk, ma nell’economia dell’album i pezzi reggono, per buona parte di loro, agli urti delle aspettative generatesi attorno a questa release. Fa piacere risentirli e di saperli ancora in forma!

(Alberto Vitale) Voto: 7/10