(Pure Legend/Audioglobe) Fra le nuove leve dell’heavy metal più plumbeo e doomish non c’è nessuno che possa superare i Crimson Cult. La band austriaca viene dal debut autotitolato di tre anni fa che, con mia grande meraviglia, non ha riscosso gli apprezzamenti che avrebbe meritato: ora con questo “Tales of Doom” anche gli ipercritici non potranno obiettare nulla! Vediamo in dettaglio la scaletta. La schiacciasassi “State of Fear” ha molto (per non dire moltissimo) dei Black Sabbath dell’era Dio: ai defenders più nostalgici scenderà una lacrimuccia! Tra l’altro è godibilissimo il solo nella seconda parte del brano. Un riff priestiano sostiene “Behind the Curtain”; “Choshinja” invece ritorna ai Sabbath ma con qualche tastiera in più, e direi che anche lo spettro dei Candlemass aleggia ovunque in questo brano tetro ma non artefatto. Il pezzo più sorprendente del lotto è però sicuramente “The Long Way Home”, che supera i nove minuti: inizia come una ‘normale’ cavalcata ma si conclude con passaggi 100% Pink Floyd e con una raffinata coda acustica! Segno indiscutibile di una capacità di songwriting fuori dal comune. Con “Warrior Son” abbiamo un’incursione nell’epica più massiccia, non voglio dire manowariana solo perché i toni sono meno urlati; dagli accenti disperati la semiballad “On the Edge”, poi con “Second Life” sembra quasi di ascoltare una rielaborazione leggermente accelerata di “Mob Rules”. Si chiude con l’incredibile strumentale “The Inquisition”, che talora sconfina nel progressive. Quando la classe non è acqua: promossi con applauso e bacio accademico.

(Renato de Filippis) Voto: 8/10