copCromDubh(Ván Records) È una sensazione assurda quando in pezzi come “Sedition”, ormai dopo oltre venti minuti di album a base di black essenziale e crudele, vieni avvolto da quel tremolo fantastico, un tremolo che emula e che suona come una cornamusa, circondato da una linea di basso viva ed un drumming tribale superlativo. Una sensazione assurda che i londinesi Crom Dubh riescono a farti provare in tutto questo coinvolgente debutto il quale arriva dopo 12 anni di carriera, due demo ed un EP. Un debutto che l’intelligente Ván Records non si è fatta scappare, dando vita a tre quarti d’ora di black metal fuso con una versione folk di tendenze post! “Heimweh” amalgama e fonde direzioni opposte, riuscendo ad essere maledettamente black, fedele alle origini, votato a violenza e velocità, ma anche moderno, in evoluzione… il tutto mantenendo un legame inscindibile con il passato, con la tradizione, con le radici culturali, l’io umano, la terra d’origine. “Cutting Teeth”, divisa in due parti, apre l’opera e conduce nei meandri complessi del Crom Dubh-sound, un sound mai saldamente integrato in un genere specifico, sempre pronto ad offrire folk celtico in mezzo al black, torture black in mezzo a poesie epiche, perversioni post nel mezzo dell’oscurità black. “Cutting Teeth II” continua ad evolvere partendo da brutalità e drumming massacrante, spostandosi su tematiche ambient, tornando alla violenza, fino ad un black più pagan, più folk, più ritmato, più lento e meravigliosamente incisivo, un qualcosa che mi ricorda i Lunar Aurora, che sfiora i Cult of Fire. Emergono atmosfere lente e piene di malvagità, con certi richiami a vecchie produzioni Burzum, con la superlativa “The Invulnerable Tide”, un pezzo che presenta atmosfere strane, un po’ classiche, un po’ legate ad un metallo più tradizionale. “Kings”, anch’essa in due parti punta più al brutale accennando ad una direzione folk, la quale continua -in questa fase- ad essere sepolta nella violenza o nella distorsione assoluta. Ma è “Sedition”, come detto sopra, che rivela i segreti che si celano in questa creatività quasi innovativa, sicuramente diversa e personale. La conclusiva “Sailing To Byzantium”, pur essendo brutale, torna a manifestare quelle ispirazioni classiche, tanto che il riff iniziale, nonostante la velocità e la violenza, sembra concepito dagli Iron Maiden, una base che permette di dare una sterzata marcatamente epica e trionfale al pezzo. Musica strettamente fedele al black metal, ma con molto, molto altro da offrire: c’è lo sporco e quel feeling underground, però c’è anche un assiduo atteggiamento di negazione di uno specifico stile, di una unica direzione stilistica e tutto questo, con gli elementi folk e post, eleva i Crom Dubh ad un qualcosa di strano, unico, personale, irriverente e da non perdere per nessuna ragione.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10