(Metal Blade Records) Si è scritto di “necromechanical baroque” per il sound dei Cult Of Lilith. Un tentativo di a etichettare in maniera peculiare il connubio di stili degli proposto dagli slandesi. Djent e metalcore, death e thrash metal, spesso manifestati in maniera nervosa, complessa e compulsiva. Il tutto avviene con sagaci strutture dinamiche che denotano un fondo progressive metal nel DNA degli isolani. L’ottimo lavoro dell’ingegnere del suono Chris van der Valk (Hail of Bullets) rende “Mara” una chiara e nitida esplicazione dell’arte sonora della band. Mario Infantes Ávalos si esprime con un cantato che tende a un harsh violento, con impennate growl e varianti meno arse e sempre attraverso un timbro forte, potente oltre a spunti clean. Daniel Þór Hannesson e Kristján Jóhann Júlíusson sono i due chitarristi e soprattutto, lo si specifica nei crediti, i responsabili della composizione e arrangiamenti. Hannesson è il fondatore di questo progetto, nel 2015, portandolo avanti da solo e così incide un EP con un batterista reclutato per l’occasione, intitolato “Arkanum”. La band si cementa infine nel 2018. ‘Barocco’ perché alcuni passaggi dell’album sembrano pescare da melodie e strutture neo-classiche e appunto barocche, oltre a inserire anche fraseggi non propriamente metal nella sostanza, ma trasfigurazione di arie degne dell’opera o di musica classica. “Le Soupir du Fantoeme” per esempio. Resta ad ogni modo un percorso contorto, complesso e introverso quello tracciato dai Cult Of Lilith. Loro sono quel tipo di band che sa colpire con il suo istrionismo, il quale e al contempo richiede qualche passaggio in più per approfondire tutte queste trame strumentali o abbinate alla voce che non risultano prevedibili. “Comatose” è un brano molto interessante, in quanto mostra le tante sfaccettature della band, il potenziale e l’anima, oltre a essere tra le cose più prog di tutto “Mara”. Il titolo deriva dalla parola islandese ‘Martröð’, cioè ‘incubo’ e rappresenta un essere che di notte si siede sul petto delle persone provocando loro incubi. Un po’ come nel celebre dipinto “Incubo” di Johann Heinrich Füssli e soprattutto come i tanti miti sparsi nel mondo per i quali la band ha notato somiglianze con quello della dea Lilith.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10