copdeadlock(Napalm Records) Sesto album per i Deadlock e consueta ondata di (pop) melodic metal. E’ curioso, ma ancora oggi ancora si utilizza per la band tedesca l’aggettivo “death”, ma bando al loro passato e valutiamo al netto della sostanza il loro presente. “The Arsonist” possiede canzoni sorrette da una gemellare andatura cavalcante di chitarre e batteria, dunque il riffing spalleggia e spesso si comporta come la sezione ritmica. Sono il metronomo del tutto. E’ la voce di Sabine Scherer a fare le melodie, nonostante i larghi spazi presi dalla voce roca-harsh di John Gahlert, una volta bassista ed ora cantante. Il tessuto compositivo è una specie di melodic death metal molto blando e comunque si perde e sparisce negli interventi di Sabine alla fine sanno molto di gothic metal, mentre John è colui che con i suoi modi ha il compito di incattivire le atmosfere. Vedi la symphonic-groove metal song “The Final Storm”, dove appunto è solo John ad esibirsi ed essere supportato da un sound dirompente. Tanto groove nelle sei corde, anche nel basso, l’elettronica che spesso si affaccia, ecco le principali caratteristiche di questo nuovo lavoro dei Tedeschi. Con i testi di Sebastian Reichl (basso), l’atteggiamento catchy del cantato di Sabine e la partecipazione di John Gahlert all’economia vocale, sembra quasi che “The Arsonist” sia un discorso a tre, nel senso che il cantato ha la sua preponderanza espressiva, mentre basso, batteria e chitarre sono l’ossatura di pezzi dove le nervature più concrete sono date dalla coppia al microfono e dalle tastiere che le appoggia. Credo che in questo discorso di piani che definiscono il sound abbia giocato un suo ruolo il lavoro al missaggio, svolto da Eike Fresse (Callejon, Oomph!, Gamma Ray); il mastering è di Olman Viper (Caliban, Emil Bulls, ZSK), mentre la produzione è del bassista-autore e Benny Richter (Caliban e Moonspell). Produzione chiara e che ha grattato i suoni da imperfezioni, lasciando agli strumenti una patina di groove, nitidezza alla voce di Sabine e levigazione alla batteria. La somma del tutto però non produce canzoni interessanti. Insomma, il songwriting non è allo stesso livello delle intenzioni. “Hurt” è una canzone basata su voce e pianoforte e che pronuncia poi una parte strumentale molto interessante, ma è sinceramente l’unico pezzo che sa mettersi in evidenza tra i dieci totali. Certo ho già segnalato “The Final Storm”, ci sarebbe anche la sconcertante (perché è quasi un pezzo metal-dance, quindi uno stile totalmente diverso dal resto) “My Pain”, ma c’è anche “Small Town Boy”, peccato però che sia un pezzo dei Bronski Beat. E poi continuano ancora a definirli melodic death metal! Sia chiaro che non è un album brutto “The Arsonist”: è riuscito negli intenti della produzione e come presentare ed esprimere i diversi elementi, ma trovo francamente poco caratterizzanti le canzoni o comunque non molto nuove e superiori a quanto fatto fino ad oggi. Magari l’apprezzamento più sentito arriverà dai fans, in Germania sono tanti, e da chi segue tematiche quasi pop ma con quella roboante (e vuota) patina di metal.

(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10