(Eisenwald) Se con “Hamkar Atonement” (qui) del 2018 la ex one man band (ora duo) svizzera aveva trovato finalmente la propria dimensione sonora, con questo secondo album le cose maturano ulteriormente, consacrando in maniera trionfale il sound dei Dakhma alla pura essenza del black metal rituale. “Blessings of Amurdad” è un concept consistente, enorme, infinito… probabilmente di difficile comprensione per la maggior parte dei mortali: un’esplorazione della relazione contorta tra mortalità ed immortalità nel Zoroastrismo, questo basandosi su la sola analisi dei testi antichi, il pensiero religioso contenuto nelle Gāthā di Zarathuštra, soffermandosi sulla gelosia percepita dai mortali nei confronti degli immortali e… viceversa. Musicalmente, la band riesce a dar vita ad un black metal oscuro, spesso marziale, sempre rituale… ma capace di infinite sfaccettature, dal blast beat ignorante al riff cadenzato di matrice death, dal ricamo tecnico e quasi progressivo, all’avantgarde dal sentore post black, il tutto dentro un turbinio atmosferico, emozionale e narrativo unico, nel quale non manca coinvolgimento totale, parentesi catchy e sezioni dove l’headbanging diventa adorazione spirituale (la favolosa “The Gaze of Ahura (The King)” ne è un ottimo esempio). Dietro una copertina fantastica, otto corpose tracce che materializzano atmosfere sinistre, ricche di ritmica e dinamismo con un’intelligente tendenza al folklore mediorientale, elemento perfetto per intensificare la forza espressiva della tematica narrata. Un album nel quale abbandonarsi, ad occhi chiusi, lasciando le porte della mente aperte, verso un viaggio misterioso, attraverso lande ed epoche lontane, verso divinità oscure, verso rivelazioni proibite.

(Luca Zakk) Voto: 9/10