(Amor Fati Productions) Dopo la parentesi a base di tastiere e clean vocals, in occasione della versione alternativa del favoloso “Vom schwarzen Schmied” (la nuova versione era intitolata “Vom schwarzen Schmied – Bergkgesænge”, leggi qui la recensione della versione principale), tornano a tonalità estreme i tedeschi Dauþuz, segnando il quinto sigillo nella loro carriera iniziata otto anni fa. L’impostazione estrema è sicuramente necessaria per la loro missione, ovvero raccontare vicende e disgrazie mortali delle innumerevoli miniere del vecchio continente: le sonorità aggressive e le harsh vocals meglio si avvicinano alle tenebre di quelle pericolose ed instabili gallerie verso il profondo della terra, decisamente compatibili con le condizioni disagiate dei minatori, con il rischio costante della vita, della salute… sia fisica che mentale. Il nuovo disco, come suggerisce il titolo, si focalizza su un’area di estrazione mineraria relativamente giovane e distruttiva: una ex miniera di uranio nelle aree della Germania orientale, unendo quindi il generico rischio di questo lavoro e relativo ambiente, l’estrema pericolosità del minerale estratto e la pressione esercitata dei sovietici, in epoche antecedenti alla modernità, al crollo delle mura. Violenza, melodia incisiva e aperture corali suggestive con la opener “Pechblende (Gedeih und Verderben)”, le linee vocali si aprono a favolosi eccessi di disperazione e terrore con l’epica “Radonquell 1666”, violenza alternata a mid tempo eccitanti con l’irresistibile “Wüst die Heimat”. Dura dieci minuti “Ein Werkzeug des Todes”, brano con una indole marziale espressa in molteplici forme, rocambolesca e travolgente “Wismut »Justiz«”, prima dell’epilogo rappresentato dall’oscurità trionfale di “Uranfeuer 55”. Tra folklore e morte, tra epicità e disperazione: loro lo chiamano ‘Mining Black Metal’, definizione che vale anche per questo nuovo capolavoro capace di irradiare il bagliore etereo ed inquietante dell’uranio. Una ricerca storica e geografica importante per scolpire queste immense perle di musica estrema: per nostra fortuna sembra ci siano ancora una infinità di miniere senza più un nome o un ingresso, di gallerie che celano secreti, storie e drammi, le tombe dimenticate di tante anime vissute nella disperazione e decedute nel terrore. Forse anche sotto i nostri piedi si cela un labirinto di tunnel sotterranei, i quali dietro a fragorosi crolli vogliono creare un muro d’oblio che questo prolifico duo tedesco vuole sfondare, demolire ed infrangere, regalandoci di volta in volta nuove storie avvolte in un black metal seducente, esaltante, carnale, viscerale e dannatamente coinvolgente!

(Luca Zakk) Voto: 9/10