(Kolony Records) I De Profundis stanno avendo una carriera interessante. Sono al terzo album, hanno suonato dal vivo con Iron Maiden, Rotting Christ e altri, ma soprattutto gli inglesi hanno realizzato nel 2007 “Beyond Redemption” autonomamente, ma con distribuzione Sony, e “Bleak Reflection” nel 2010 sempre per l’italiana Kolony Records. “The Emptiness Within” è stato seguito da Fernando Pereira, un missaggio allo Studios Davout (si sono serviti li anche gli AC/DC e i Rollong Stones) e la masterizzazione di Tim Turan (Emperor e Motorhead). Se “A Bleak Reflection” ha dato visibilità ai De Profundis, “The Emptiness Within” dovrebbe essere la conferma dei livelli raggiunti con quella release. Questo album però sebbene sia chiaro nel dimostrare la capacità esecutiva dei singoli musicisti e il loro stile così malinconico e cupo, il quale riprende soluzioni vicine al doom-death degli anni 90, lo è altrettanto nel mostrare il lato meno convincente del loro confuso progressive death metal. Confuso perché c’è un eccesso di situazioni le quali sembrano poi non avere un ordine e una linearità ben definita. Assolutamente perfetti i suoni, nitidi e con una certa densità, ma la musica alla lunga non mi ha sinceramente coinvolto più del dovuto.  I De Profundis padroneggiano elementi progressive, sviando tra il death metal, il gothic e territori simili; creano scenari stilistici spesso diversi, opethiani, affidandosi a parti con acerbi blast beat per rendersi pesanti ed estremi oppure usano soluzioni più tenui, dense di melodie e strutture complesse. Il risultato è appunto un lavoro senza dubbio variegato, ma sembra mancare del giusto mordente. Non si può non notare il continuo lavoro del basso, una poema continuo, e l’alternarsi stilistico delle sei corde, tese sempre a metterci dentro le sfumature giuste per l’occorrenza e non si può nemmeno non notare come Nick Tingle sia un batterista dal tocco non solo metal, però nell’insieme i pezzi sembrano le esposizioni di alcune individualità che tentano di coalizzarsi, ma alla fine producono troppe canzoni disordinate o dall’esito poco accattivante e immediato. Tutto sbagliato? No, assolutamente. Trovo interessanti “The Wretched Plague”, “Twisted Landscapes”, la canzone più accattivante del lotto e non a caso scelta per scopi promozionali. Non male “Parallel Existence”, poi il resto espone degli scorci e passaggi di un certo interesse, ma con canzoni poco armoniose. Esecutivamente i De Profundis hanno tutto il mio rispetto, “The Emptiness Within” merita la giusta attenzione e qualche ascolto aggiuntivo, ma la resa finale non mi è sembrata pari alle loro qualità.

(Alberto Vitale) Voto: 6/10