(Nuclear Blast) I Decapitated sono autori di uno stile che ha fatto proseliti nel tempo, al contempo si è perfezionato anche guardando altrove. Nel 2017 la band polacca si consacra a un thrash-death pregno di groove, fatto di scatti nervosi e senza scansarsi di un centimetro da questo modo di suonare. Solita roba? No, ma sono i soliti Decapitated stragonfi di adrenalina e con quella sottile voglia di prendere chiunque a calci. In modo tecnico, istrionico. In modo schizzato. Per questo poi gioca anche il fatto che Vogg (chitarra e membro fondatore) ama i Pantera e ciò si riallaccia a quanto si è scritto del sound che ha anche appreso da altri. Arrangiamenti perfetti, in una certa misura anche semplici, ma puliti, chiari. I ritmi a volte essenziali, come un basilare metronomo, mentre le chitarre montano impalcature variegate e riff consequenziali. Tutto è così negli album dei Decapitated e per quanto si ripetano i polacchi lo fanno attraverso una serie di canzoni che inchiodano l’ascoltare. Il loro passare dal thrash o groove metal al death è già un piacere: scatti, durezza che si plasma a seconda dei casi, riff memorabili e assoli che piacerebbero persino ai Prong. Tuttavia i Decapitated sono sempre veloci, rapidi, nervosi, a volte irruenti, sempre spietati. “Anticult” è un picco nella carriera dei Decapitated. Se negli ultimi anni la band ci ha proposto album ben suonati, ma manchevoli della scintilla, del tocco di stile, adesso i polacchi restituiscono ai fans e non solo a loro, tutto quello che da qualche anno hanno fatto mancare in una certa misura. Anche la spietata e cinica, nonché seriale capacità di esecuzione sembra essere un momento indietro rispetto al resto. Nell’album la differenza la fanno le canzoni, le chitarre di Waclaw ‘Vogg’ Kieltyka e quel comparto ritmico che lavora al servizio delle pulsioni del songwriting.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10