(InsideOut Music) Ci ha preso gusto con gli album solisti il leggendario Derek! Certo, stiamo parlando di uno che vanta sette dischi pubblicati in poco più di un decennio… ma è altrettanto vero che dopo “Oceana” del 2011 ha avuto ben altri impegni (ad esempio Sons of Apollo e Planet X, oltre che gli innumerevoli progetti nei quali è stato coinvolto, tra questi Dream Theater, Kiss, Yngwie Malmsteen, Billy Idol, Timo Tolkki’s Avalon o Black Label Society) per potersi concentrare su un album con il suo nome sopra. Nel 2020, dopo un decennio, eccolo tornare con il favoloso “The Phoenix” (recensione qui) ed ora, a meno di due anni, “Vortex” travolge senza pietà coinvolgendo ancora una volta un manipolo di ospiti favoloso, quasi il best of, la crème de la crème della scena hard & heavy virtuosa disponibile oggi. Chi suona con Derek questa volta? Oltre alla riconferma del batterista del Michael Schenker Group, Simon Phillips e dell’asso delle quattro corde Tony Franklin, Derek abbina ai suoi tasti d’avorio le sei corde di Steve Stevens (ex Vince Neil, ex Michael Jackson, ex Sebastian Bach), il leggendario Nuno Bettencourt, poi Steve Lukather (Toto) e Joe Bonamassa assieme in un brano… e giusto per spingere sugli combinazioni pazzesche, il tastierista riesce a imprigionare assieme dentro le note di “Die Kobra” due animali quali Michael Schenker e Zakk Wylde! Non manca poi Mike Stern e nemmeno il compagno d’armi nei Sons of Apollo, Bumblefoot (ex Guns n’ Roses, ex Lita Ford). “The Vortex” (feat. Steve Stevens) toglie il fiato, esplosività con divagazioni funky e proggy su “Fire Horse (feat. Nuno Bettencourt), strepitosa “Scorpion”, l’unico pezzo senza chitarristi, una costruzione melodica e ritmica tra prog e jazz, con un inseguimento tra piano, basso e batteria vertiginoso. Sognante “Seven Seas” (feat. Steve Stevens), traccia con un tappeto ritmico favoloso -specialmente le linee di basso- una piattaforma sulla quale Steve e Derek si lasciano andare con un lascivo e sovrumano senso dell’armonia. Pulsazioni e fiumi di funk con “Key Lime Blues” (feat. Joe Bonamassa, Steve Lukather), mentre quella “Die Kobra” (feat. Michael Schenker, Zakk Wylde) diventa un’arena dove si affrontano solo i più forti. In chiusura la potenza luminosa di “Nomad’s Land” (feat. Mike Stern), altro brano con un basso micidiale capace di far divertire il chitarrista ed il tastierista, e l’imponente “Aurora Australis” (feat. Bumblefoot), una suite di oltre undici minuti dove non esistono limiti e nemmeno confini stilistici. Linee di basso sempre calde e pulsanti, spesso irresistibilmente seducenti. Un drumming travolgente che crea trasporto, spinge avanti, incalza… quelle tastiere isteriche, penetranti, devastanti, libertine e ribelli… ma capaci di provocare e giocare con genialità e spirito di jam con quell’esercito di chitarristi potenti, ultra tecnici, scatenati e stilisticamente diversi tra loro.

(Luca Zakk) Voto: 10/10