copDEVINTOWNSENDPROJECT(Insideout Music) Descrivere in un’unica recensione la parabola artistica di Devin Garrett Townsend non è impresa facile, ma ahimè doverosa. Perché son solito scindere sempre e comunque l’artista dall’opera, ma mai come in questo caso non si può parlare dell’una senza considerare l’altro. Vuoi per la forte componente emotiva che mi ha sempre legato alla musica dell’artista canadese, vuoi per la mia deformazione professionale di psicologo, ho sempre seguito la carriera di Townsend non scindendo mai dalle sue vicissitudini personali. I suoi problemi di personalità di natura bipolare lo fecero scindere musicalmente negli anni novanta in due entità ben distinte: da una parte la violenza e l’aggressività instintiva degli Strapping Young Lad, dall’altra la riflessività e la calma di progetti come il gruppo che portava semplicemente il suo nome, poi diventato Devin Townsend Band ed infine la variopinta realtà musicale che oggi conosciamo appunto come Devin Townsend Project. Pur parlando di un gruppo che all’anagrafe ha solo sette anni di vita, la produzione è già considerevole, indice di un percorso artistico ben preciso e mirato. All’inizio ci fu il poker d’album cominciato con il diretto “Ki” e proseguito poi con il liberatorio “Addicted” per arrivare alla musica ambient e bizzarra di “Deconstruction” e “Ghost”. Ad appena un anno di distanza la svolta della maturità definitiva di Townsend con l’album “Epicloud”, dove ha inizio pure il fortunato sodalizio con la bravissima e talentuosa Anneke Van Giersbergen. Connubio portato avanti anche con il successivo e articolato doppio album “Z2”. In mezzo due bellissime opere audiovisive come “The Retinal Circus” e “Live At Royal Albert Hall”. Dunque nel 2016 un nuovo capitolo della vita dell’artista ci viene mostrato e fin dalla copertina si può capire che oramai il buon Devin ha messo da parte ogni legame coi problemi del passato e ha trovato una sorta di pace dei sensi. L’album comincia con una rivisitazione di un suo classico, “Truth”, riarrangiato così come lo avevamo sentito nel live di “The Retinal Circus”, una versione più corale e pompata rispetto all’originale, di sicuro effetto e manifesto dei DTP odierni. La successiva “Stormbending” è una piacevole mid tempo senza troppi passaggi impegnativi, cosa che non si può certo dire della successiva “Failure”, canzone piuttosto intricata e tana di uno dei migliori assoli che si ricordi nella discografia del canadese, un chiaro omaggio al mentore Vai. “Secret Sciences” è ancora più intricata nella struttura canzone, ma forse meno d’impatto, ha richiesto un paio di ascolti per essere completamente assimilata. “Higher” sembra riportarci alle sonorità di “Synchestra”, una lunga suite di nove minuti e rotti con improvvisi inasprimenti e voci corali di Townsend, la cui ugola sembra non essere intaccata dal passare degli anni. Probabilmente il pezzo più orecchiabile dell’intero album. Appare ormai chiaro dall’ascolto che il cd è strutturato come un flusso di coscienza, senza interruzioni nette tra le tracce. “Stars” ha un mood molto epico e coinvolgente, ma allo stesso momento non sacrifica nulla in termini di immediatezza. Uno dei migliori riff dell’album. La traccia che da il titolo all’album è forse la meno immediata, ma riassume alla perfezione ciò che è DTP nel 2016. “Offer Your Light” è una divertentissima canzone Epic dove il buon Devin torna ad urlare al microfono duettando con Anneke in un brano che fa sorridere e muovere la testa, pura goliardia e piacere di giocare a proprio piacimento con le note. “From The Heart” ha il destino nel nome. Qui Townsend si trasforma in un cantastorie moderno, capace di raccontarci delle più intime emozioni che lo portano a scrivere i propri pezzi. Ed è incredibile come dietro a tracce che ad una prima ascoltata si potrebbero pure etichettare come banali si celi invece un uomo in grado di emozionare profondamente l’ascoltatore con semplici suoni . Diciamo che qui si conclude idealmente l’album, visto che l’ultima traccia è una non facile cover dei mitici Ween, riformatisi guarda caso proprio lo scorso febbraio… Riarrangiata e resa personale al punto giusto per l’occasione, sembra a tutti gli effetti comunque una traccia uscita dalla mente di Townsend. “Transcendence” non è un album facile, come tutti quelli di Townsend. Perché dietro una facciata di normalità risiede un songwriting e un’esecuzione perigliosi e al limite della perfezione, dove uno dei migliori chitarristi al mondo, uno dei migliori compositori del pianeta e uno dei più bravi cantanti sulla faccia della Terra confluiscono in un’unica personalità. Mi vengono in mente molti epiteti da dare a questo lavoro, ma quello che più si avvicina a ciò che trasmette è quello detto con la voce di un bambino che si emoziona per le cose più semplici della vita, quelle di tutti i giorni: magico.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 10/10