copdiamondh16(Dissonance Productions) I Diamond Head hanno manifestato una grandezza e sono stati tra i migliori della NWOBHM. Il loro lato meno heavy, più hard rock o semplicemente rock, emerso dopo una serie di vicissitudini in seno all’esistenza stessa della band, ha sempre impressionato meno chi scrive, pur riconoscendo agli inglesi di essere sempre stati capaci di offrire una certa qualità ai fans e i fruitori di musica. Lo stesso discorso si ripete per questo nuovo album omonimo. Atmosfere più o meno raffinate, smussate con cura e con una sana radice hard ‘n’ roll. Poche le vestigie heavy metal, appena rintracciabili in qualche riff o nei passaggi delle diverse canzoni, ben undici per quasi cinquanta minuti. I Diamonds che hanno fatto impazzire i Metallica – attualmente Brian Tatler è il solo superstite degli esordi – e i tanti metalhead del mondo sono oggi rockeggianti ma non heavy. Resta un flusso sonoro gradevole, ben registrato, limato con cura e percorso da riff semplici e diretti e che solo gli arrangiamenti sanno curare qualcosa di più ricercato. Si bada all’essenza, ma nella giusta misura e con la dovuta attenzione. Un album fatto con criterio e, forse, con una sottile devozione all’hard rock dei seventies (Led Zeppelin in particolare e poi Deep Purple, Rainbow, Whitesnake e via dicendo). Adorabile il passo cadenzato e carino di “Set My Soul On Fire”, il blues latente di “Our Time Is Now”, il rock alla The Who di “See You Rise” e gli oltre sei minuti di “Silence”, una sorta di prog anch’esso dai dettami anni ’70. Complessivamente l’album si fa ascoltare, ma si deve amare già un certo tipo di rock, una certa impostazione perché molte cose si rifanno a situazioni musicali di decenni e decenni fa e dunque un po’ vissute. Sono regole scelte dai Diamond Head e che vanno accettate, per entrare in questa dimensione pura e bella. L’album esce dopo nove anni dal precedente e con il nuovo cantante Rasmus Bom Andersen, il quale ha lavorato su dei brani già scritti e preesistenti.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10