(Silver Lining Music) I Diamond Head sono ben lontani dalle proprie origini. Nascono nella metà degli anni settanta e diventano poi alfieri dell’heavy metal come parte alla New Wave Of Biritish Heavy Metal, contribuendo così a tracciare con altri grandi un percorso poi seguito da altri. Tra questi ultimi James Hetfield e i Metallica, infatti il cantante e chitarrista ritmico dei ‘Tallica si è da sempre dichiarato fan della band inglese, il batterista Lars Ulrich è poi un appassionato della NWOBHM, così i Metallica prendono a suonare a ripetizione nei live e non solo, almeno due cavalli di battaglia dei Diamonds. Un gesto e una passione che restituirà alla band non poca notorietà negli anni. I Diamond Head di oggi sono una band hard rock e dunque più morbidi, tuttavia non meno piacevoli. Certo, la band ha comunque sofferto diversi scioglimenti e ricostituzioni tanto da minare la propria identità. Se Brian Tatler, unico componente originario rimasto, pensa che sia il caso di rientrare in studio e ri-suonare e ri-registrare questo storico primo album del 1980, che contiene “Am I Evil?” e “Helpless”, appunto i due succitati pezzi amati dai Metallica, lascia perplessi. La resa non è affatto malaccio, anzi l’ascolto è un atto gradevole. Eppure ci si azzarda a pensare perché non ristampare l’album, in un’edizione curata e magari aggiungervi del materiale extra ripescato da qualche cassetto? La risposta è fornita dalle info per la stampa che recitano di abilità, esperienza e una rivitalizzata energia infuse in questa tracce incise che sembrano rivivere e fare tremare di nuovo la terra. A queste rivitalizzazioni si aggiungono anche quattro cover: dei Judas Priest, cioè “Sinner”, dei Led Zeppelin con “Immigrant Song” e dei Deep Purple cioè “Rat Bat Blue”, oltre ad una dei loro fans più accaniti, cioè i Metallica e la loro “No Remorse”. I Diamonds assemblano il materiale in più studi oltre a contributi registrati in casa. L’album suona omogeneo e certamente più ‘pieno’ nei suoni e negli stessi arrangiamenti, un quadro che suona meno scarno rispetto all’originale. Ciò era ampiamente pronosticabile anche prima di ascoltare “Lightning To The Nations 2020”, visti i quanrant’anni pieni che separano queste registrazioni dalle originarie. Ci sono molte differenze nei dettagli ma il concetto è che risuonare qualcosa che è già stato fatto, da un quarto dei componenti attuali, e in maniera tutto sommato pedissequa, quanto valore ulteriore apporta all’opera? Un valore c’è però con un mercato musicale talmente saturo, una pubblicazione del genere rischia di essere o un prodotto da nicchia oppure una calcolata mossa per adocchiare ai contemporanei che cercano suona moderni.

(Alberto Vitale) Voto: s.v.