copdianoya(GlassVille Records) Suoni e ambienti raffinati costruiti con chitarre distorte e non solo. Una voce non spettacolare, ma ben inserita nel clima compositivo di questi pezzi. La band polacca Dianoya è tacciata come una formazione di progressive rock, o addirittura di progressive metal. Bah, non saprei. Io li conosco grazie a questo secondo album che è molto rock nella sua sostanza e non basta qualche passaggio con distorsioni più roboanti o ritmate a definirlo metal. “Obscurity Divine” si è guadagnato buoni feedback, ma non ho avuto il piacere di ascoltarlo. “Lidocaine” presenta dei toni spesso morbidi, dove le melodie hanno la loro importanza e Lukasz Chmielinski, batterista, tocca le pelli con raffinatezza e precisione. Le chitarre sviluppano spesso arpeggi, qualche accordo più robusto nei ritornelli e con diverse escursioni verso passaggi quasi psichedelici. Suoni che per certi versi mi hanno ricordato le migliori canzoni e idee dei Porcupine Tree o addirittura dei Pearl Jam della tarda età, i Rush, gli Anathema di una volta. Tante cose, ma alla fine lo stile emerge senza troppi ostacoli. Le migliori canzoni sono “21st Century”, qui il rock diventa tenace e con qualche colpo vagamente metal, “Far Cry”, forse il brano che più di tutti potrei definire veramente progressive. La seconda parte della release offre una band più arcigna, più vivace e dai suoni corposi e dinamici. Nella prima parte invece sembra che i Dianoya siano più intimisti, forse troppo eleganti in se. Un buon album e che al giorno d’oggi lo si definisce progressive, ma io vorrei definirlo dal songwriting vivace e cangiante.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10