(Vidfare Productions) Il debutto uscì la scorsa primavera (recensione qui) e nonostante si tratti del secondo album in meno di anno, mi risulta ancora difficile immaginare che questi lunghi brani dark ambient elettronici con divagazioni verso un folk immerso nelle tenebre ed un legame indissolubile con il dungeon synth, siano opera di quel demone che per lavoro fa il front man dei Marduk! Gente come Mortuus solitamente si sveglia in una città diversa ogni giorno, tanto è iperattiva l’attività live dei Marduk; ma in questo anno di merda anche lui si è dovuto reinventare, completando, producendo e pubblicando della musica che risiedeva da qualche parte nella sua testa, in qualche registrazione, in qualche angolo di un hard disk. Idee che gli sono venute negli anni, sempre in corrispondenza di momenti specifici della sua vita, che ora con questi due dischi, finalmente riesce a condividere con noi. Ma con “Gravrost”, Mortuus si è andato avanti e fatto ispirare più dalla natura che lo circonda, dando vita ad un concept musicale, una odissea in sette capitoli i quali svelano, uno dopo l’altro, panorami diversi, tutti comunque in rovina, aridi, una sequenza di luoghi nei quali esisteva una società, passata o futura, ormai estinta… senza dubbio una metafora che descrive la strada che l’umanità sta percorrendo a folle velocità. Suoni trionfali ma drammatici. Beat eccitanti (cercando emergono certi spunti degli Ulver, specialmente con la bellissima “Farsot”) ma inquietanti. Melodie luminose ma assolutamente tetre. Oltre tre quarti d’ora nei quali abbandonarsi, lascivamente, senza alcuna inibizione.

(Luca Zakk) Voto: 9/10