(BloodRock Records / Nero Corvino) “Tramohr” al primo ascolto spiazza e fomenta anche qualche perplessità ma Dramanduhr segue un cammino visionario, esoterico, filosofico per questo album che è una fusione tra metal e suoni e stili del Mediterraneo. Il cantato poi non ha niente a che vedere con scream, growl, voce roca o urli di sorta. Questo modello di avantgarde nasce in Sicilia. Una famiglia pranza, è natale, un bicchiere si rompe accidentalmente e accende un pensiero, un ragionamento, un qualcosa che coincide con un momento creativo nell’autore. In questo evento, descritto nelle note per la stampa, c’è la scintilla, l’epifania, di un lavoro che probabilmente covava e stava per nascere. Il legame tra l’evento e gli oltre 38′ di musica seisterà da qualche parte, chissà invece quale connessione potrà trovarvi l’ascoltatore. A lui infatti arrivano le chitarre distorte, anche suoni etnici, sampler, tanti canti e recitazioni, poi progressioni, interpolazione tra metal e stili musicali. Alcuni anche assonanti ad altri contesti del metal, gli Ecnephias per esempio o certe cosette dei Rotting Christ di anni e anni fa. Un turbinio che inizia a girare ampiamente, poi vorticosamente e crea un’atmosfera tra il mistico e il ritualistico, tra l’impatto di suoni, ritmi, approcci e una certa visione filosofica delle cose. Quale sia questa filosofia viene difficile da comprendere, vista questa lingua glossolalia. Mistica sconosciuta, evocativa, ritualistica, attorno a questo metal a tratti acerbo e in altri pretenzioso, con momenti però audaci e addirittura di sperimentazione. Non esiste l’equilibrio in “Tramohr”. C’è però una forte volontà di sperimentare; non occorre solo quella, serve anche infondere sostanza e delle logiche che rafforzerebbe l’arte proposta. Tuttavia cìè coraggio in questo album ed è sempre ben apprezzato, in questo mondo vile.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10