(Prophecy Productions) Complessa la storia di questo duo bielorusso, ormai forzatamente trasferitosi in Polonia. Il compositore Jauhien Charkasau e la vocalist Katsiaryna ‘Nokt Aeon’ Mankevich fondarono il progetto nel novembre del 2015, ispirati dalla scrittrice connazionale Svetlana Alexandrovna Alexievich, la quale vinse il premio nobel per la letteratura; i due musicisti proseguirono lungo il loro percorso cantando di storie, di tradizioni, di vicende legate al disastro di Chernobyl (la loro prima canzone cita la vedova di uno dei liquidatori), ma anche della controversa attualità del loro paese, tanto che nel 2020 la band si è schierata apertamente con le proteste contro il dittatore Lukashenka. Nel 2021 il percorso legale di matrice politica a carico del vocalist Lesley Knife (Gods Tower), ospite in un singolo della band (“To Freedom (Да Волі)”), porta alla cancellazione di tutti i concerti programmati, di fatto banditi ufficialmente, provocando lo scioglimento della band live che il duo aveva nel frattempo messo in piedi. La stessa Katsiaryna fu costretta a lasciare il paese per evitare l’arresto… trasferendo così i Dymna Lotva nella confinante Ucraina… praticamente all’alba dell’attuale situazione bellica. La reunion finalmente in Polonia permette di continuare l’attività, la quale ha portato alla realizzazione di questo nuovo e terzo album, un vero e proprio atto di sfida, pieno di bellezza, tanto sublime quanto devastante e lacerante. Lo stile ruota attorno ad una variante di black metal, spesso alternativo, arricchito da doom, da post metal, con dettagli folk, verso un libertinaggio artistico molto teatrale e coinvolgente, anche grazie all’ampia gamma di ospiti impegnati in strumenti quali sassofono, piano, fisarmonica, violoncello, oltre che le varie voci e gli strumenti più convenzionali (la batteria, per esempio, è curata dal produttore e polistrumentista belga, nonché artista super prolifico, Déhà). Drammatica e suggestiva “Come and See (Ідзі І Глядзі)”, trionfale ed inquietante “Buried Alive (Пахаваны Жыўцом)”, oscura “Death Kisses Your Eyes (Смерць Цалуе Ў Вочы)”, brano dedicato all’attivista Roman Bondarenko ucciso dal regime nel 2020. Si rivela un brano tanto grandioso quanto destabilizzante “Hell (Пекла)”: voci infantili angoscianti, voci clean, voci estreme, voci femminili, incedere marziale, sassofono… decisamente un capolavoro nel capolavoro. Si sfocia nel black sinfonico con “Ashes (Папялішча)”, canzone che tuttavia mette l’accento su vocals più vicine al DSBM. Ci si avvicina a certe creazioni dei Therion con la favolosa “The Pit (Яма)”, mentre sono ancor più variegati i fattori che costruiscono la complessa ed imprevedibile “Cruelty (Лютасць)”. Imponente “Night Witches (Nachthexen)”, provocante “Till The End (Да Скону)”, tetra e decadente, ma anche assurdamente luminosa “Dead Don’t Hurt (Мёртвым Не Баліць)”. La componente teatrale viene intensificata con “Unquenchable (Нязгаснае)”, accompagnando verso quell’altro pezzo maestoso intitolato “To Freedom (Да Волі)”, anche questo con sassofoni oltre che la voce del già citato e controverso ospite Lesley Knife. In chiusura la title track, brano che ancora una volta vaga dalle parti del doom, del symphonic black, del metal più classico, senza dimenticare mai oscurità profonda, decadenza, sofferenza e melodrammaticità. È innegabile che fatti sopra elencati hanno trattenuto questa band, rendendola poco attiva dal 2017, anno di uscita del secondo album: ma le vicende vissute, il tempo trascorso, quella voglia di non mollare mai altro non hanno fatto che alimentare l’ispirazione, la quale è sfociata nell’espressività artistica di questa meravigliosa perla nera.

(Luca Zakk) Voto: 9,5/10