(Moonlight Records) C’è qualcosa di magico in questa band e lo si avverte già dal nome e ovviamente anche la copertina ha il suo fascino astrale ed esoterico. I suoni poi sono una possibile ed acerba colonna sonora di rituali dionisiaci: chitarre cariche di fuzz e wah-wah, basso denso e una batteria con suono pieno, netto, genuino e senza eccessi di trigger che smontano i suoni. Solo per queste caratteristiche a mio avviso “Veneralia” merita già rispetto e considerazione. Gli Electric Taurus suonano doom/stoner/rock e con le più ovvie influenze possibili di questi generi. Loro stessi citano diverse autori, ma in particolare Jimi Hendrix (qualcosa in “A New Moon”), certamente i Black Sabbath, i Led Zeppelin (“Mountains”) e i Cream (il tocco di Mauro Frison mi ricorda quello di Baker). Citano anche i moderni Kyuss e Orange Goblin ad esempio, ma mettere in mezzo questi è sempre facile, piuttosto ammiro quella capacità di andare, di mostrarsi liberi e comunque avere un proprio schema, come gli Sleep (loro li citano, ma non hanno quel sound imponente), da cui hanno appreso una libertà che li porta ad essere più vicini ai minori degli anni ’70 nell’ambito dell’hard rock, i Leaf Hound ad esempio. Però, quanti nomi presi per spiegare questo sound, il quale ha sempre la prerogativa di avere un aspetto unico. Gli Electric Taurus nel proprio doom/stoner mostrano l’istruzione ricevuta alle lezioni teoriche degli anni ’70, facendone il concetto sul quale poggiare “Veneralia”. All’interno di questa educazione la band sviluppa la propria creatività. Un esempio è “Mescalina/If/at the Edge of the Earth” in cui aprono undici minuti con la psichedelia lisergica per dare poi sfogo al rock spinto e chiudendo attraverso una sommessa jam blues. Se da una parte le chitarre montano un vero “wall of sound”, come ad esempio per le prime plettrate robuste e sabbathiane di “Prelude to the Madness”, oltre a diversi passaggi altrove, e sorretti dal duo ritmico puntuale e sciolto, è pur vero che gli Electric Taurus rivelano momenti di hard rock si selvaggio e vecchia maniera (“Magic Eye” e “New Moon”) ma spesso generoso a dare melodie improvvise e dai toni più aggraziati, come accade nella stessa “Prelude…” ma anche altrove. La caratteristica saliente di questo sound è di essere teso verso il passato e di prelevare dal moderno che ha dovuto comunque guardare a quel passato: quando si parla di doom e stoner, di occult rock e hard rock old style, non può essere altrimenti. Gli Electric Taurus non sono inferiori a qualcun altro, mi hanno coinvolto ed ora voglio unirmi a Lei in copertina!

(Alberto Vitale) Voto: 8/10