(AOP Records) Black intenso, black atmosferico, black che tocca una sfera emozionale con fredda e crudele delicatezza. È il terzo album dei tedeschi Ellende i quali proseguono in un viaggio tematico di totale devastazione psicologica, di decadenza umana ed assoluta misantropia; non a caso il nuovo album si intitola ‘colui che prenda la vita’, successore di “Todbringer” (2016) ovvero ‘colui che porta la morte’, offrendo una chiara direzione tematica che porta ad una profondità lacerante che non offre via di uscita… proprio come la vita stessa. Capaci di abbandonarsi a partiture contorte, oppure estreme in perfetto stile black, ma anche alternare momenti atmosferici o puramente musicali utilizzando strumenti come il pianoforte, gli ottoni o altri strumenti classici, gli Ellende -capitanati dal mastermind L.G.-, regalano un album di musica estrema ed oscura capace di coinvolgere in maniera profonda, un po’ come sanno fare gli italiani Darkend o Enisum, andando ben oltre il puro impatto musicale o lo scontato assalto frontale tipico di molti gruppi della sfera estrema. Feroce “Augenblick”, un brano aggressivo che all’improvviso si abbandona ad una dimensione di immensità assoluta, scandita da arpeggi superlativi e linee di basso che ridefiniscono i significati di passione ed intensa emozione. Immenso viaggio tra sentimenti disperati con la fantastica strumentale “Ein Stueck Verzweiflung”, groove illimitato con “Der Blick wird leer”, brano con mid tempo colossali, arpeggi dissonanti ed una potenza travolgente. Estrema “Du waerst eine schoene Leiche”: tremolo e doppia cassa in un contesto ricco di fervente potenza musicale con un intermezzo che esalta la bellezza del lato oscuro di ogni emozione, grazie ad arpeggi contorti ed arrangiati con cinica maestria. Perla di sublime black metal mid tempo con la conclusiva “Atemzug”, canzone con imponenti deviazioni DSBM, cadenzata e provocante, sferzata da vocals deliziosamente strazianti e resa vivida da chitarre e, in particolar modo, un basso spinti a livelli poetici, con poi una sezione finale quasi teatrale. Disagio di una vita segnata da sofferenza e disperazione. Malinconia totale che esplode in rabbia spietata nell’ambito della costante e crudele tortura offerta dalla più triste esistenza umana. Intensa oscurità e deviata visione senza speranza che convergono in una splendente armonia, in una destabilizzante esaltazione. In un’accecante bellezza.

(Luca Zakk) Voto: 9,5/10