(Prophecy Productions) Con il tempo il duo tedesco Empyrium ha fuso assieme le varie direzioni stilistiche intraprese negli oltre venticinque anni di attività e questo nuovo album, il sesto -a sette danni dal precedente- riprende certi spunti black/doom metal melodico delle origini caratterizzato da chitarre potenti e voci estreme, con il dark folk, stile che hanno seguito successivamente. Ciò che poteva sembrare un cambio stilistico nel percorso artistico della band si è ora amalgamato, fuso, in un’unica travolgente entità sonora la quale avvalora il background dei due membri, ovvero il poli-strumentista e mastermind Markus ‘Schwadorf’ Stock ed il cantante d’opera Thomas Helm (voce della Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera), tanto che “Über den Sternen” (‘Sopra le stelle’, ndr) è -grazie all’ispirazione derivante da poeti e pittori del romanticismo tedesco- un continuo e un delicato vagabondare tra montagne e foreste tetre e sconfinate, scandite dalle rovine suggestive di antichi castelli, infestate da spiriti appartenenti ad un mondo divino, ad una dimensione magica, un vagabondare che può essere sia celestiale ed incantevole, che drammatico, doloroso ed infinitamente malinconico. Un vagabondare reso romantico dagli ospiti, ovvero musicisti incaricati di flauto, viola, violino e violoncello. La opener “The Three Flames Sapphire” è un bellissimo esempio di questa convergenza, di questo incontro di stili, di epoche e punti di vista diversi, un brano malinconico, ricco di folklore, con la stupenda voce d’opera, le divagazioni con chitarra classica, gli accenti del growl di Schwadorf. C’è black metal nella parte iniziale di “A Lucid Tower Beckons on the Hills Afar”, un black metal che diventa glorioso grazie all’opera, discendendo verso un goth-doom, avanzando poi impetuoso in un’ambientazione folk e teatrale, quell’espressività che domina anche “The Oaken Throne” e che diventa più ambient con l’ipnotica “Moonrise”. “The Archer” si avvicina alle dimensioni dei Therion, anche se con una oscurità più accentuata, prima della rabbia che esplode nel doom/black quasi sinfonico di “The Wild Swans”, altra traccia che alterna magistralmente il significato della malinconia tra impostazioni dure e deviazioni introspettive. La musicalità della breve “In the Morning Mist” accompagna progressivamente alla lunga e conclusiva title track, unico brano arricchito da un incisivo cantato in lingua madre, un pezzo ricco di tragedia il quale fa confluire ancora una volta metal estremo e concetti d’opera, con tutti quei cambi di scena cinematografici. Un album che è poesia oscura e pregna di mistero, a partire dalla copertina dell’artista Fursy Teyssier (bassista live della band, mastermind del duo post-rock/shoegaze francese Les Discrets, nonché autore di copertine per bands quali Agalloch, Gris, Morbid Angel, Peste Noire, Swallow the Sun, ecc.). Poesia oscura, poesia tanto ricca di speranza quanto di disperazione, poesia musicale figlia di un’unione spirituale tra tradizione e modernità, tra folklore e metal, ripercorrendo la storia del mondo, della natura, dell’umanità e della band stessa.

(Luca Zakk) Voto: 9/10