(Nuclear Blast Records) Sedicesimo album per una band fondamentale, capace di viaggiare su più percorsi durante il suo cammino discografico. Da qualche anno gli Enslaved vengono dipinti come dei luminari dell’innovazione nel campo della metal music. Elementi viking, black, prog si mescolano nelle intenzioni di questa non convenzionale band norvegese nata anni fa a Bergen. La title track per esempio è un modello cesellato e fine di come alcuni dei suddetti generi citati e l’elemento sonoro costruito con strumenti anche non metal, i sintetizzatori, l’elettronica e cose del genere, si fondono restituendo un’ambientazione unica che solo gli Ensalved riescono a creare. I pezzi di “Heimdal” sono sette e hanno durata sostenuta, l’album giunge a ben oltre i quarantotto minuti ai quali si arriva con minutaggi dei singoli tra i sei e passa minuti fino a oltre sette e otto minuti. Nelle porzioni temporali che costituiscono “Heimdal, gli Enslaved sguazzano creando di fatto delle atmosfere vaste ed evocative. Perché i norvegesi non scrivono una sola canzone ma solo delle piccole ma fluenti suite, perché tali sono per struttura e resa sonora. Suite dominate appunto da atmosfere, da vaste sensazioni tirate avanti dall’introduzione di sintetizzatori che si affiancano a questi muri sonori formati da riff e ritmi. Su di essi il cantato, raramente in growl o scream oppure harsh ma spesso pulito e melodico, recitante e modulato. “Behind The Mirror” apre con dei corni di ispirazione vichinga e poi è un altalenare di andature con i King Crimson sullo sfondo e un metal che risulta invitante e poi smarrito in evoluzioni nelle quali tutto diventa quasi dello space rock/metal. “Congelia” è un frenetico black metal sempre infarcito di rifiniture digitali e cori, i soliti cori che con gli Ensalved sembrano stiano bene ovunque. “Forest Dweller” è la composizione più pomposa, ispirata, evocativa e sembra ispirata sia dai King Crimson quanto dai conterranei della band norvegese, i Motorpsycho. Una sorta di folk-metal con interventi prog. Sempre nell’ottica del prog, sia con sfumature rock e soprattutto dominanti metal, il ‘core, metal dell’album rappresentato da “Kingdom” e “The Eternal Sea”. “Caravans To The Outer Worlds” miscela elementi Voivod con fughe verso il black metal, il thrash e tutto appare in un buon amalgama un po’ impulsivo. “Heimdal”, luogo nel quale splendono atmosfere, melodie, suoni lavorati e prodotti da strumenti anche diversi tra loro che scivolano come venti decisi ma non funesti. Al di là dell’innegabile abilità dei musicisti norvegesi a trasformarsi di genere in genere, di stile in stile verso soluzioni dall’album si ricava la netta sensazione che la band abbia deciso di affrontare dei percorsi, virando a proprio piacimento o a tavolino.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10