(Iron Bonehead) Un album dall’anima sia animalesca che spirituale, da parte di questa nuova realtà debuttante. Tuttavia la formazione è composta da vari noti loschi individui della scena black americana, gente che milita o militava in acts quali Shroud of the Heretic, Triumvir Foul, Shrine of the Serpent o Symptom, quindi certamente nessun novellino relativamente all’arte di dipingere di nero anche l’aria che respiriamo. Questo debutto omonimo è un travolgente album di maledetto black metal, black metal pensato per distruggere, annientare, tuttavia seguendo un processo cinico, clinico, perverso. Sei brani possenti, di durata epica (niente sotto i sei minuti…) i quali diffondono una furia ancestrale cieca, pregna di fumo, soffocante e lacerante. “Promethean Fire” è immediatamente brutale, ritmi forsennati che sanno però aprire porte a mid tempo esaltanti, il tutto con un singer estremo, un rantolo soffocante che elargisce un senso di odio fuori controllo. “Dross” è più old school, più diretta, ma sa inglobare un intermezzo tra l’inquietante e l’atmosferico, nel quale appaiono ipotesi di tastiere, arpeggi di chitarra e basso, tempo rallentati e marziali, una parentesi di melodia oscura prima del conclusivo orgasmo di brutalità. Sempre con il vocalist che sembra esser stato registrato in una sessione lontana, appartenente ad un’altra dimensione ultraterrena, anche “Trance of Annihilation” e “Feral Heart” sono dei piccoli capolavori di riff taglienti, arpeggi dissonanti, mid tempo cadenzati vagamente riconducibili ad una ipotesi di depressive black, in un contesto post black. Destabilizza anche ‘l’intermezzo’ (da sei minuti e mezzo): un brano noise/atmosferico che musicalmente non ha nulla a che vedere con il resto del disco, ma che concettualmente appare geniale, azzeccato, ben collocato prima degli undici minuti della conclusiva “Sylvan Apotheosis”, una canzone che presenta con intelligenza una moltitudine di facce: oscurità, melodia, freddo intenso, lentezza micidiale, pattern cadenzati, un brano che integra dark metal, black metal di ogni epoca, thrash metal, passaggi atmosferici intensi, dando origine ad una piccola opera nell’opera, ad una prova di capacità creativa convincente da parte di questa band dell’Oregon. Un album che al primo ascolto appare impenetrabile, rumoroso, quasi troppo occulto per essere decodificato; ma in realtà si tratta di un disco che già dopo pochi ascolti rivela velocemente la sua essenza tetra, macabra, la sua natura provocante e seducente. Un album diretto, spietato ma complesso, ricercato ed molto coinvolgente.

(Luca Zakk) Voto: 8/10