(Hammerheart Records) Un album pregevole, magistrale, intriso di epica, di un senso pagan e grazie a titaniche, maestose e sontuose melodie. In “Vargtimman” Sono anche rintracciabili gli elementi doom metal esibiti nei primordi della carriera degli Ereb Altor. Elementi poi maturati verso lidi viking e pagan metal, poi successivamente consolidati. L’identità ultima della band svedese è stata costruita anche con un retaggio recuperato dai Bathory, pur non definibile una fatale derivazione di quella band perché l’architettura dei pezzi di “Vargtimman” appare come una giusta fusione tra soluzioni atmospheric, viking e pagan nonché in una certa misura doom metal. L’elemento epic è forte, caratterizzante, probabilmente identificativo dei pezzi. Questi ultimi non sono tutti eccessivamente lunghi e non necessariamente con una struttura fissata. Nella sostanza “Vargtimman” possiede una narrazione che prosegue tra un lirismo elevato e una sapiente fiumana di metal che cambia a seconda dei momenti. Qualche accordo aperto, riff sostanzialmente andanti e sintetizzatori che rendono il sound più maestoso, il risultato finale è questa landa sconfinata intrisa di mito, di storia, di una natura umana che l’assorbe restandone affascinata. Anche un brano come “Rise of the Destroyer” che suona spinto e imposta dal suo incipit un riff serrato a combattivo, rappresenta un’ideale materializzazione di un’atmosfera pregna di epica. Il cantato si alterna su liriche clean e in harsh, semi-growl e parzialmente in stile black/blackened.

(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10