(Autoprodotto) Debutta il duo italiano Eurynome con il suo drammatico e lacerante funeral doom. Certo, il genere è impegnativo, i brani sono lunghi e lugubri, lenti e pesanti, non è una cosa per tutti e solo i veri amanti del genere possono godere di una simile pubblicazione, ma la cosa decisamente originale per questa band è la totale assenza delle chitarre. Gli Eurynome, infatti, creano la loro musica con due bassi elettrici distorti (oltre che varie basi e synth), i quali sono però accordati a 436Hz anziché i normali 440 per la nota LA. Dietro questa scelta c’è molto da dire: c’è una filosofia, ci sono richiami ai chakra orientali, c’è un accrescimento del senso di mestizia, c’è anche il gusto di andare contro corrente, persino fuori legge (in Italia la Legge del 3 maggio 1989, n. 170 stabilisce che il suono di riferimento per gli strumenti è il LA la cui altezza deve corrispondere alla frequenza di 440 Hz), senza dimenticare un certo pedigree nel valore artistico (Sembra che Giuseppe Verdi supportasse i 432Hz e “Dark side of The Moon” dei Pink Floyd fu registrato con gli strumenti accordati proprio a questa frequenza). Certo, difficile per l’ascoltatore medio percepire tale differenza, specie se questa è annegata in un trionfo di sonorità oscure, piene di sofferenza e destabilizzante senso di morte. Resta il fatto che “Obsequies” è un gran bel lavoro: la crudeltà del doom funereo viene resa teatrale e a tratti liturgica grazie alle orchestrazioni, le quali -assieme alle composizioni- sono molto ben curate ed arrangiate per mano della pianista Nicole Delacroix; le linee vocali di Jacopo (anche di Abeyance ed Esogenesi) provenienti da inferi misteriosi, cantano e narrano di cimiteri, nuovi e antichi, abbandonati o meno, con tutta la loro solenne decadenza, tutta la loro oscura bellezza, quella celebrazione occulta di respiri ormai dispersi nei sentieri del tempo. Il duo, oltre ad aver composto l’opera in totale indipendenza, senza alcuna etichetta, ha inoltre curato le varie edizioni dell’album: dal CD alla cassetta, fino al box ultra limitato in legno, una bara di quasi mezzo metro con decorazioni in metallo, realizzata a mano.

(Luca Zakk) Voto: 8/10