(Folter Records / Alive) Il ritorno degli Evohé rappresenta un’ulteriore dimostrazione di come il black metal che emerge dall’underground, sappia ancora essere una fiamma viva e ispirata. Terzo album, otto anni dopo “Anwvynn”, mentre il debut album “Tellus Mater” è di almeno sette anni prima, registrato con una naturale e fredda attitudine dei suoni. Un gelo che con la sua coltre lascia lo spazio di udire anche il basso di Dalgrin. Dunque strumenti ben calibrati in fase di missaggio. L’insieme, il totale è appunto sano e vero black metal ottimamente giocato tra situazioni veloci e tempestose con ordinari blast beat e mid tempo e andature affatto collassate o lente. Un misto tra atmospheric black metal, spunti pagan e qualcosa del sacro black metal norvegese per la band di nazionalità francese. Evohé carica nei propri pezzi un pathos esaltante, fiero, corrobora le melodie di una solida fierezza, evolvendo il tutto con scatti e trovate compositive che rendono il loro black metal dinamico. C’è dell’enfasi che avvolge i pezzi e la band in ogni composizione mette il proprio marchio. La varietà dei brani è uno degli aspetti che risaltano nell’ascolto, insieme a quelle distorsioni gelate eppure piene nelle frequenze. “The Thousand Eyes of a Lonely Soul” arriva a quasi 17′ e mezzo, un’epopea! Molti passaggi con rullate ben marcate e propulsive di Valravn offrono quella palata di potenza in più ai riff più solidi e dirompenti. “Sleeping the Wolves”, “The Tears of Forgotten Times” oppure “A Thunder of Misfortune”, sono alcuni momenti importanti e pervasi di quell’enfasi di cui sopra, per questo album che alla fine dei conti è un gioiello affatto trascurabile.

(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10