(Nuclear Blast Records) Gli anni passano, le persone cambiano. Come ammesso anche da Steve ‘Zetro’ Sousa, sono finiti i tempi dei party nel backstage, delle bevute colossali e dell’abuso di droghe. D’altronde sia Steve che Gary Holt sono due signori quasi sessantenni, padri e nonni. L’unica cosa che non cambia è la musica, frangente in cui gli Exodus rimangono una garanzia assoluta. Il thrash è da sempre il mio genere preferito, ma devo tuttavia ammettere che come stile non lascia troppo spazio ad innovazioni o varianti sul tema: eppure un brano degli Exodus lo si riconosce sin dal primo riff! D’altronde questo genere lo hanno inventato loro e se l’uscita di “Bonded By Blood” non fosse stata posticipata di un paio di anni per colpa della scellerata Torrid Records, parleremmo di un debutto che avrebbe surclassato quelli di Metallica e Slayer. Sono passati ben sette anni dal precedente album “Blood In, Blood Out” (recensione qui), album che ha sancito il ritorno dietro il microfono di Steve Souza, dopo tre dischi con l’ottimo Rob Dukes. Proprio la prestazione vocale aveva suscitato in me alcune perplessità, per quel classico timbro sguaiato e schizoide che caratterizza la voce di Souza accantonato in favore di uno stile fin troppo urlato ed estremo. Fortunatamente, in quest’ultima release Steve sembra aver trovato la giusta via di mezzo, offrendo una prova davvero convincente; Gary Holt si conferma come uno dei migliori riff maker in circolazione, spalleggiato dall’altrettanto devastante Lee Altus. Il basso di Jack Gibson pompa come un forsennato, ricordando in certi frangenti il miglior D.D.Verni mentre Tom Hunting è la solita macchina da guerra, con le sue ritmiche devastanti chirurgicamente precise. La title track apre le ostilità con un riff travolgente, linee vocali caustiche ed un break centrale rallentato e decisamente pesante. “Elitist” mette da parte la velocità in favore di parti più groovy davvero indovinate, mentre “The Years Of Death And Dying” è forse l’episodio meno riuscito del lotto: in realtà il brano in sé sarebbe ottimo, grazie ad un mid tempo cazzuto che invita il collo a slogarsi… ma purtroppo il ritornello rasenta il ridicolo, con quelle vocine tra il metalcore ed il melodeath che con il brano in questione c’entrano come i cavoli a merenda. Le quotazioni si rialzano prontamente con la terremotante “Clickbait”, pezzo che molti già conosceranno essendo stato scelto come singolo. “Cosa Del Pantano” (si sono fissati con la lingua italiana, evidentemente) è un intermezzo acustico dal forte sapore southern. “Lunatic Liar Lord” è il brano più lungo e variegato dell’intero album, ed anche qui troviamo in apertura la chitarra acustica che presto lascia il posto ad un riff thrash che solo Holt è capace di sfornare; dopo circa tre minuti il pezzo rallenta in un lungo intermezzo doom, prima del violentissimo finale. “The Fires Of Division” metterà a dura prova le vostre cervicali, mentre la conclusiva “Antiseed” apre con ritmiche secche e marziali che ricompariranno di tanto in tanto tra una furiosa accelerazione e l’altra. Un ritorno decisamente convincente per una band che più di qualsiasi altra, rappresenta in tutto e per tutto lo stile thrash metal.

(Matteo Piotto) Voto: 8,5/10