
C’è oggi più visibilità per questa perla di musica nera, uscita a inizio anno per Dolomia Nera. Si tratta di un progetto italiano, veneto, nato ai piedi delle maestose Dolomiti: è proprio questo paesaggio a ispirare il black metal proposto, suonato con impeto ed emozione, animato da forti sentimenti che esprimono un legame con la terra, le montagne, la tradizione, la storia e il misticismo che vi ruota attorno. Tutto parte dall’emblematica copertina e prosegue in ciascuna delle otto canzoni. In “Feruch” c’è una forte identità culturale, un concetto che sta alla base delle origini del black metal: c’è la narrazione di miti, di valli, di cime, di un ambiente tanto ostile quanto attraente e affascinante. Questo legame con antiche radici si traduce in puro paganesimo e prende forma in brani in italiano… esattamente per la stessa ragione per cui anche le band nordiche scelgono di cantare nelle loro lingue native: canzoni che raccontano i popoli che hanno abitato queste montagne, con tutte le loro leggende e una discendenza spirituale fortemente connessa al territorio. Divinità e culti antichi: avvincente “Stria”, coinvolgente “Sotto il Segno del Fulmine”, travolgente “Rituale Aureo”, introspettiva la conclusiva “Alba Nera Perpetua”. Siamo nei territori di band quali Djevel e Taake, e quella purezza concettuale trasuda in ogni brano contenuto in “Feruch”. Alta la qualità compositiva di questa one man band di Fulgur Summa, ancora più alta quella esecutiva, visto che il mastermind si è fatto affiancare in questo percorso da vari musicisti della zona, tutti artisti che militano in band quali i celebri Messa, i Nox Interitus e i Thysia; e questo, secondo me, è un altro dettaglio che ne garantisce l’assoluta qualità.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10




