copflotsamandj(Pledge Music) Voglio essere subito chiaro: chi, per l’ennesima volta, si aspetta un album come “Doomsday for the Deceiver”, “No Place for Disgrace” o “ When the Storms Comes Down”, rimarrà completamente deluso. Deluso a causa di una cronica mancanza di informazione. I Flotsam and Jetsam sono una band diversa dalle origini, e lo sono da molto tempo. Le prime marcate evoluzioni, ritengo, si ebbero con “Cuatro” e “Drift”. Una potente riscrittura della propria identità è poi palese con il bellissimo “The Cold”. Sempre alla ricerca di nuove sfide, quasi una mania per quel qualcosa di nuovo, i Flotsam And Jetsam decidono di provare una delle strade più innovative ed alternative disponibili oggi: Pledge Music. Il geniale sistema di Pledge ha funzionato, procurando tutti i fondi necessari alla band per la registrazione di questo undicesimo album. Un undicesimo album che farà discutere. Molti lo odieranno, per il semplice fatto che non sono i Flotsam degli anni 80 o 90. Molti diranno che è noioso. O che manca la creatività. Io, come sempre, cerco di valutare cosa ho comprato. Si, “comprato”. Io sono uno dei “Pledgers”, uno di quelli che ha voluto essere parte del progetto con un piccolo contributo (ho comprato gli MP3 ed il CD autografato). Ho ben investito il mio denaro? La mia risposta è, direi proprio, è affermativa. Mi trovo davanti ad un album maturo, interessante ed evoluto. Un album riflessivo. Ricco di toni oscuri, introspettivi. In linea con l’epoca della quale siamo prigionieri. Sensazioni evidenziate da pezzi come la title track, con le sue sottili tastiere, le quali contribuiscono a quell’atmosfera un po’ perduta, decadente, il ritratto musicale della copertina dell’album. Anche la meravigliosa “Run And Hide” riesce a descrivere queste emozioni; propone quel riff stoppato, molto deciso, con dell’elettronica usata con intelligenza, ed una linea di basso meravigliosa. La performance del grandioso Erik AK è semplicemente fantastica. E’ la sua voce che regala a pezzi come la stessa  “Run And Hide” e la potente “Rabbits Foot” quel tono sofferto, quella sublime interpretazione di emozioni, quel modo di cantare unico che lo caratterizza. L’album propone vari pezzi non veloci, profondi, come “Play Your Part” con la sua massiccia sessione ritmica. Ma non mancano quei richiami ad un vecchio thrash, quali “Gitty Up” e l’energetica “To Be Free”. Interessanti le idee di “Carry On”, con il suo ritornello costruito per la voce di Erik, o a “Motherfuckery” che riesce a mescolare in maniera assurda dei riff thrash con un feeling elettronico. I Flotsam And Jetsam, qui con la line up di “High”, fanno un’ulteriore passo in avanti. Un ulteriore passo lungo una strada che solo loro sanno percorrere. Oggi è difficile essere una thrash band anni 80. Ci sono dei giovani che hanno idee fresche, ma i veterani faticano a stare in piedi. Alcuni ci riescono con grinta e potenza. Altri falliscono con patetiche proposte. I Flotsam And Jetsam sanno evolvere con stile. Sanno proporre qualcosa di nuovo, senza stravolgere la loro essenza, senza copiare il loro passato, risultando maturi, potenti e decisamente originali.

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10