(Autoproduzione) I Flyzone hanno il rock nel sangue e lo suonano proponendolo con diverse caratteristiche: componente melodica, distorsioni graffianti, variazioni di stile, immediatezza, base ritmica puntuale. Lo si capisce già dall’opener “Katrina”, la quale propone riff quasi grunge, anche se il ritornello è più tipicamente pop-rock. Anche “Wake Up” è un rock tenue, mentre “In My Opinion” invece concede un sussulto decisamente più robusto e che fa da contraltare alla melodia principale. “Black Blood” è fatta con distorsioni fragorose, ma non livellano il tono “commerciale” del brano. E’ “Four” la canzone più densa, quella che sembra più completa e meglio rifinita, dove anche il basso di Gerry Italia è autore di una buona prova. L’energia, il tono robusto è controbilanciato anche da canzoni più “soavi”, leggere,  come “The Qube”, estremamente semplice ma efficacemente immediata, “Why the City’s Asleep”, ballad cupa e triste, e l’escursione acustica “A Clockwork Orange”, la quale mi ha ricordato qualcosa dei Pearl Jam. Dietro a questo lavoro c’è Jurij Ricotti (produttore e arrangiatore, ha collaborato anche con Brian May, Renato Zero e altri) e il suo studio, due elementi che hanno reso pulizia e spessore a “Hard Day’s Morning”, nel quale c’è del rock più incline a due decenni fa che a quello attuale e con tendenze americane. Discorso a parte merita la voce di Giovanni Iurisci: il suo timbro vocale va più che bene per il genere, la sua pronuncia dell’inglese convince meno. Questo debutto denota l’impegno e il lavoro che c’è dietro, la musica appare fruibile, immediata e commerciale, ma non nel senso dispregiativo della parola, anzi è forse il termine più adatto per chiarire che a questo “Hard Day’s Morning” possono avvicinarsi tutti, purché siate alla ricerca di un lavoro semplicemente rock.

(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10