(Listenable Records) Stéphan Forté è un virtuoso di nuova generazione della sei corde, il quale si è reso protagonista con gli Adagio, oltre a diverse collaborazioni con Myrath, Silent Fall, Red Circuit. “The Shadows Compendium” è il suo primo album strumentale da solista, dopo una lavorazione di ben tre anni. Sono otto pezzi tirati a lucido, con una produzione che mette in evidenza ogni singola nota e sfumature che l’effettistica e le dita del francese riescono a rendere. L’iniziale titletrack, eseguita con Jeff Loomis dei Nevermore, ha qualcosa di fusion nella chitarra  e di classico/sinfonico nelle tastiere che la circondano, oltre alla struttura generale del pezzo. “Duat” a quanto sembra è il pezzo più istrionico, è realizzato con Glen Drover, ex Megadeth, e le ritmiche si alternano ad assoli non pesantemente funambolici e sempre più tesi a generare melodie. “Sorrowful Centruroide”, insieme a Derek Taylor, ha un tocco decisamente più heavy metal, anche se la matrice symphonic è sempre sullo sfondo. “Prophecies of Loki XXI” è invece il vero laboratorio stilistico di Forté. Un pianoforte armonioso e posseduto dalle melodie che introduce il pezzo e in seguito lo squarcia inserendosi più volte. In questa song mentre gli assoli sono imperniati sui legati, i riff ritmici di Fortè si dimostrano forti, ma hanno toni poco aggressivi (le chitarre Lag, del quale il francese è un endorser, non le ho mai troppo gradite, anche se poi è l’effettistica a decidere le cose!). “I Think There’s Somebody in the Kitchen”, suonata con Daniele Gottardo, è il brano più moderno, più fresco, più progressive con tempi dispari e sincopati. L’album viene chiuso da un brano classico, “Improvvisation on Sonata no.14, c# minor – Op. 27 no 2” dove un pianoforte si adagia con lenta espressività e Forté pronuncia brevi e intense melodie dal mood classico, tentando (invano, a mio giudizio) di inserire anche del feeling. Da segnalare anche la presenza in “De Praestigiis Daemonum” di Mattias IA Eklundh dei Freak Kitchen. Il pregio di questo lavoro è di risultare immediatamente fruibile, le pause della chitarra che a tratti si aprono danno situazioni d’atmosfera piacevoli, i toni classici non sono eccessivamente pomposi e il tocco di Forté mira alla melodia nei solos e a uno stile più metal nelle ritmiche. Di contro c’è qualche schema che si ripete in alcuni pezzi, dei quali qualcuno poteva anche essere accorciato nel minutaggio; va comunque tenuto presente che è un album strumentale e come spesso accade in questi casi, qualcosa di ridondante capita.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10