(autoproduzione) Il nuovo album degli svizzeri Freakings è thrash metal nella sua forma più canonica. “Toxic End” esce dopo “No Way Out!” del 2011 e “Gladitator” del 2014, tre lavori marcatamente dediti al suddetto genere e con quest’ultimo che ricalca schemi della scuola americana, per esempio la canzone “Violent Disaster” è molto vicina ai Testament, e in misura minore quella europea e teutonica in generale. Undici canzoni per meno di quaranta minuti, esprimono ritmi battenti e veloci, ma soprattutto un riffing di maniera arcigno, dinamico, mai statico (questo aspetto è un po’ Anthrax, ma a sprazzi) perché prodigo di cambi, sviluppi, assalti… “Toxic End” rappresenta quel modo di suonare senza compromessi, nel senso di appartenenza alla vecchia scuola e oltretutto attraverso un atteggiamento ‘speed’ del trio elevetico. Jonathan Brutschin si esibisce al microfono e destreggia la sei corde. I due Straumann, Toby al basso e Simon alla batteria, sorreggono il lavoro di Brutschin, aiutati da una produzione pulita e che disegna al meglio la spazio di manovra per i due musicisti. Se i cambi e le variazioni risultano gradevoli, le cavalcate a testa bassa sembrano essere inflazionate: sono l’elemento che si ripete nelle canzoni e rende alla lunga “Toxic End” un album omogeneo all’orecchio dell’ascoltatore e in parte ripetitivo. Più ascolti portano a fissare le variazioni disseminate nelle undici canzoni, ma alla lunga si ha la sensazione di essere vittima di un raid violento e per l’appunto ossessivo, portato avanti a velocità sostenuta. La purezza di questo thrash metal può guadagnarsi l’attenzione di tutti i thrasher duri e puri e di coloro che (sottoscritto compreso) urlano con fierezza «thrash will never die»

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10