(Sliptrick Rec.) Sapiente incrocio tra metal e rock attraverso principi progressive e psichedelici. “Homecoming” possiede un’atmosfera profonda e una chiara ricchezza di stile che vede scatti metal e rock che si alternano a quel gioco compositivo e di suoni degli anni ’70. Chitarre ossute che si barcamenano tra riff di stampo metal ad altri hard rock, con sfumature appunto psichedeliche contornante da synth le quali creano atmosfere che ricordano il Balletto di Bronzo o comunque la vasta tradizione prog italiana degli anni ’70, senza contare quella inglese con reminiscenze Jethro Tull e non solo. Il carattere old style e l’aspetto seducente di “Homecoming”, pur non mostrandosi un lavoro datato. Il metal rientra continuamente in gioco anche grazie alla presenza di un growl o voce harsh. From The Dust Returned presentano Marco Del Bufalo alla voce, ottimamente calato in ogni fase musicale dell’EP, mentre Alex De Angelis, chitarrista, lo affianca con buoni spunti. Le linee vocali sono vibranti, alte, creano un grande effetto epico, come in “Glare” ad esempio, sommandosi così a una struttura musicale di grande fattura. Base ritmica con Cristiano Ruggiero e Miki Leandro Nini, batteria e basso rispettivamente, formano l’ossatura sulla quale gli altri creano strutture piuttosto ordinate ma mai scontate. I ricami ai tasti bianchi e neri sono di Danilo Petrelli, bravo a giocare soprattutto con i suoni, bilanciando le atmosfere con sintetizzatori e tastiere meno vintage. “Homecoming” si sviluppa piacevolmente su oltre trenta minuti di durata, un lasso di tempo che ne fa qualcosa di più di un extended play. Le canzoni sono state composte da Alex De Angelis, arrangiate poi con Miki Leandro Nini e Danilo Petrelli, il trio ha così raggiunto un risultato ottimale per questo debutto. I primi quattro pezzi scorrono in modo variegato e certamente diverso rispetto agli ultimi due, cioè “Wipe Away the Rain” e “Sleepless”. La prima composizione è una suite che sfora gli otto minuti ed è un brano che al di là di tutto alterna una claustrofobia metal a spunti densamente psichedelici, mentre “Sleepless” è una breve composizione nella quale la voce accompagnata dall’acustica e con sbandate metal, rappresenta il momento più colorato dell’album. La band che prende nome da un lavoro di Ray Bradbury, offre una prova di maestria, di un certo gusto e capacità di fondere insieme aspetti di stile diversi tra loro, ottenendo un risultato che merita solo elogi.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10