(At The Dojo Records) Un sound che ha un tocco, un suo stile desueto. Uno stoner che flirta maledettamente bene con il rock. I Fu Manchu sono questo e anche oltre. I Blue Cheer rivisti, la psichedelia che si incolla a riff heavy, come in “Il Mostro Atomico”, strumentale dai suoni roboanti e le strutture andanti. Vi partecipa anche Alex Lifeson dei Rush. In fatto di grandezza del sound e accordi imponenti, i Fu Manchu piazzano questa opulenza un po’ ovunque, dunque la cosa caratterizza in modo diretto il loro heavy-rock radicato in cose seventies e blues. Qualcosa di stagionato, ma granitico, chiaro e forte, divampa in questa nuova realtà della band californiana. Non occorre arrivare agli anni ’70, anche l’epopea degli anni novanta è palese nelle pieghe di “Clone of the Universe”. Ad ogni modo la sensazione principale che emerge nell’ascolto dell’album, è quella di una jam session un tantino affinata. Qualcosa che allaccia cavalcate, passaggi, momenti d’atmosfera, il tutto incastonato in un quadro sonoro limato. L’anima dei Fu Manchu nel corso degli anni hanno preso a vivere sempre di più sui palchi, davanti alla gente, suonando in sempre più numerosi concerti esplosivi e passionali. Questo spiega anche certe forme libere che popolano il godibile “Clone of the Universe”.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10