copjohngalt(Street Symphonies/Andromeda Dischi) Overdose di potentissimo rock’n’roll, caldo come il sangue, proveniente dal freddo dell’Ukrania. Quattro, il numero perfetto, sono i membri di questo act così dannatamente hard rock. Ritornelli catchy, riff travolgenti, sound molto potente. Un cantante esplicito, dotato di una voce che sta in equilibrio tra il melodico ed il grezzo, una versione punk di Vince Neil (sia per i pregi che per i difetti). Massiccia ispirazione alla scena anni ’80, condita con un glam/sleaze dal sound moderno e dalla grinta tipica dei gruppi del nord Europa. L’album apre, dopo l’intro, con una fucilata in piena faccia, rappresentata da “Riot Radio”. Pezzo potente, con una ritmica bestiale, che ricorda i primissimi lavori dei Mötley Crüe, con quella componente grezza e molto, molto maleducata. La differenza sostanziale è la componente creativa, percepibile in tutto il disco, che vede i John Gält diffondere su tutto lo svolgimento del pezzo dettagli interessantissimi che rendono il tutto nuovo, innovativo ed incredibilmente potente. Parlo di stacchi, di passaggi, di una montagna di idee così groove da rendere veramente irresistibile l’ascolto. Un perverso gusto punkeggiante trapela su pezzi più tirati come “(One More) Punk Rock Anthem”, l’immancabile (e necessario) inno alla rock life style, dove festa e abuso di alcol sono componenti immancabili, irrinunciabili. Più heavy che hard la corta ma bellissima “Undeniable” seguita dall’autentico capolavoro dell’album: “White Widow”. Si tratta del famoso pezzo per il quale vale la pena comprare l’intero album, indipendentemente dal fatto che contenga altri nove pezzi di vero metallo, o altre nove merdosissime cover delle peggiori canzoni del festival di Sanremo! “White Widow” è un pezzo che vive sul suo glorioso ritornello, così fico da eclissare il resto della canzone, un ritornello che attendi con ansia, quasi come l’orgasmo in una scopata che fa parte di un’intera orgia rappresentata dall’album stesso. Spero di non morire senza aver chiesto alla band se il titolo è stato scelto in contrapposizione a “Black Widow” dei Mötley! Pezzo dotato di un’energia unica, una melodia avvincente ed una sessione ritmica esemplare, che include tutti quei cliché ovvi ma necessari, voluti, e da tutti desiderati. Altra mattonata di ritmiche hard rock è rappresentata da “Burn (Nothing In The End)”, dove è palese la rivisitazione di cose già viste e sentite, ma dove è altrettanto palpabile la capacità di questa band nel ridare vita a concetti antichi, rendendoli così spudoratamente moderni ed attuali. Ottimi musicisti. Intelligenti compositori. Notevole anche la scelta del moniker, ispirato ad un personaggio del romanzo “La Rivolta Di Atlante” (di Ayn Rand), un personaggio quasi mitico, decisamente rivoluzionario, che lotta contro una disastrosa situazione di decadenza socio-economica. Quasi la perfetta descrizione del mondo odierno. E forse questi quattro Ukraini si vedono davvero come leaders di un movimento rivoluzionario che vuole cambiare le regole del gioco. Loro non combattono la società con atti politici o scientifici come succede nel romanzo. Loro la combattono con il rock’n’roll. E, da quel che ne so, la musica rock è nata proprio con questo spirito: ribellione, per spazzare via la decadenza esistente, per sostituirla con qualcosa di nuovo, rivoluzionario e decisamente vergognosamente rumoroso. Non so se i John Gält riusciranno a compiere il loro piano di dominio mondiale, ma una cosa è certa: hanno iniziato nel modo giusto!

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10