(Swamp Bloody Swamp) L’impatto sonoro di queste otto canzoni, concepite tra lo stoner e il southern rock, non è affatto trascurabile. Il buono in “Greetings from Black Mountains” è dato dalle distorsioni ampie e vibranti, la voce urlata nel modo giusto, i tanti cori e poi i riff solenni, gli accordi aperti che riempiono di note gli spazi. C’è tanto nell’album dei francesi General Cluster, al contempo però anche standardizzazione. La sensazione del ripetersi nelle forme e strutture dei pezzi è forte. Quelli che durano oltre quattro minuti o cinque, ne soffrono maggiormente. Le canzoni che vanno sotto i quattro minuti vedono “Shield Wall” e “Mountains”, essere quelle più spinte e dai cori contaminanti. “Five Months”, poco più di tre minuti, è un pezzo sabbathiano, ma in maniera fresca, vivace. La voce appena roca e possente, le distorsioni chiare e foderate di granito, la batteria che sceglie sempre soluzioni diverse, sono i punti forti della combriccola di Grenoble. Dopo dieci anni di attività e due EP, la band con “Greetings from the Black Mountain” dimostra comunque di essere al livello giusto. Un appassionato di stoner non resterebbe indifferente a canzoni come “Torment Day”, dove lo spettro del blues e dell’old rock viene rivitalizzato da questi suoni delle ‘montagne nere’. Il tocco southern, lo stoner, sono sempre ritoccati da una potenza di stampo metal, con un pizzico di enfasi doom, come per “Voices”, il brano dalla durata più lunga degli otto totali.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10