
(Transcending Obscurity Records) Uno dei principali difetti del death metal attuale è, a mio avviso, la scarsa attitudine a comporre riff in grado di trascinare l’ascoltatore; al di là di un tasso tecnico sempre più elevato, trovo infatti che molte formazioni attuali sembrano essere più interessate a infilare più blast beats, dissonanze e tecnicismi possibili, perdendo a volte il focus sulla forma canzone e soprattutto snobbando la caratteristica fondamentale di un pezzo, sua maestà il riff. Avevo quindi grande bisogno di un album come “Death Never Sleeps”, secondo lavoro degli statunitensi Glorious Depravity. Con un moniker preso da una leggendaria demo dei Ripping Corpse e con una copertina disegnata nientemeno che da Dan Seagrave, la formazione newyorkese, costituita da membri di Pyrrhon, Gravesend, Woe e Scarcity, ci riporta nell’era d’oro del death metal, quando le chitarre sfornavano riff taglienti e intensi, figli evoluti del thrash metal, in grado di perforare le carni per poi strapparle via, mentre la batteria era sì veloce e brutale, ma al servizio delle canzoni e non della tecnica fine a se stessa. Nessun accenno a innovazioni o sottogeneri vari, siano essi chiamati brutal, technical, slam o altro… Qui si parla di DEATH METAL, puro, incontaminato, micidiale, morboso, figlio di Death, Autopsy, Sinister, Ripping Corpse e Monstrosity. Un must assoluto per gli appassionati del genere!
(Matteo Piotto) Voto: 10/10




