(Avalanche Recordings) L’ultimo album di Justin Broadrick e Ben Green “Post Self” è datato 2017. Sei anni sono tanti eppure i due inglesi presero una pausa anche più lunga dopo il 2001, lasciando passare il tempo ma rimanendo sé stessi e senza vedere scalfire la propria reputazione. La creatività del chitarrista, Broadrick che è anche cantante, e del bassista, appunto Green, cementifica da decenni il post industrial al silicio del quale sono pregevoli autori. Sempre freddi, meccanici, stranianti e ossessivi, minacciosi e spietati, i Godflesh ad ogni album hanno aggiunto qualcosa che ha ingigantito la loro solidità artistica. Anche “Purge” è un mattone di totem strutturale strutturale chiamato Godflesh che si staglia fiero e inscalfibile. I ritmi, rigorosamente artefatti attraverso macchine ed elettronica, sono locomotive che trainano i riff debordanti e rocciosi e a volte lisergici e affilati di Justin Broadrick e foderati da un basso che permea proprio quei ritmi. I tre elementi, chitarra, basso e pattern ritmici, si stratificano e creano un muro sonoro. Il cantato resta un mistero, un urlare ossessionato e inumano che non lascia distinguere le parole. “Purge” è un’onda che fluisce con potenza, non rallenta e il flusso sonoro lo si ascolta fino alla fine lasciandosi travolgere. Emergono soluzioni care al drum and bass in stile britannico, come in “Land Lord” o “Permission”, poi esiste qualche riff cadenzato che rievoca similitudini di stile disseminati nella discografia del duo, come in “Army Of Non”. In “Purge” si assiste a momenti d’atmosfera bui e disorientanti come nella monumentale “Mythology Of Self”, forse il brano più sperimentale e meno prevedibile dell’insieme. Si distingue anche la conclusiva “You Are The Judge, The Jury, And The Executioner” però per un eccessivo indugiare in feedback che dilatano l’atmosfera e la stessa quanto ingiustificata durata del pezzo che sfiora gli otto minuti.  I Giodflesh freddi e dai suoni lancinanti prodotti con uno spirito tra noise e psichedelia, come in “Lazarus Leper”, meccanici e con collisioni nell’elettronica, come in “The Father”, emergono ancora una volta nella loro brillante essenza e unicità.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10