(Satanath Records / The End Of Time Records) Da diversi anni è una one man band ma agli albori i Godless sono stati una vera e propria band radicata a Puerto Rico che ha fatto parlare molto di se a causa di concerti dove sul palco tra immagini violente, carcasse di animali e situazioni varie si è guadagnata per lungo tempo il divieto di esibirsi. Negli anni 2000 Gröfaz che è conosciuto come Asaradel decide di curare da solo il progetto Godless. Nel tempo nei Godless sono confluiti come ospiti Lethal Prayer (ex Morbid Angel, Acheron, Incantation, Nocturnus), Vrangsinn (Carpathian Forest), Bill Koblak (Nocturnus AD, Blood Of Kingu e molti altri), oltre ad altri personaggi che ruotano attorno a Sinister, Demonic Christ e Dark Tribe. Dopo un cospicuo stuolo di EP, “Lustcifer” rappresenta il quarto album, nel quale viene esibito il black metal con occasionali tendenze blackened death metal, scenari, melodie e riff occasionalmente di stampo occult e doom metal. I concetti di misantropia, sesso, di esoterismo, di nichilismo e avversità verso il mondo e l’umanità sono il senso del tutto e pervadono questi scenari sepolcrali, tenebrosi e inquietanti. Se da una parte “Lustcifer” mostra esempi di puro black metal, come in “Body Fluids Of Everlasting Lust”, in esso emergono anche delle fusioni di stile che vanno anche oltre questo genere come in “Vaginal Empathy For The Monarch Of Lust”. In questo pezzo lo stile incarna quello del black metal della prima ora, come i Mayhem degli albori, i Darkthrone e che presenta quei lati torbidi che hanno influenzato anche più generazioni e correnti del metal come per esempio i Celtic Frost. “Lustcifer” mostra un’atmosfera che è a metà tra un rituale in musica e un atto sonoro di estremismo che guarda alle tenebre e alla perdizione. In questo poi gioca anche il cantato di Asaradel che potrebbe essere un misto tra Attila Csihar, Tom G. Warrior e il canonico uso di scream, semi-growl e così via verso una teatrale interpretazione da parte del musicista del Centro America. Una produzione che ha esaltato le basse frequenze, stendendo un velo di grigiore sul tutto, rende “Lustcifer” un atto inquietante e torbido. In veste di ospiti Attila Szigeti (Tormentor) e Belial Koblak, offrono ognuno un assolo in due diverse composizioni.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10